Gli Agnelli vogliono diventare i primi azionisti di The Economist , il settimanale di riferimento del mondo finanziario internazionale che sostengono dal 2009 (ne possiedono già il 4,72%). La mossa sfrutta la decisione del gruppo Pearson di vendere tutto ciò che non sia editoria scolastica e scientifica, il suo core business: di pochi giorni fa il passaggio del Financial Times ai giapponesi di Nikkei per 880 milioni di sterline. Questa volta Pearson mette sul tavolo il suo 50% dell'Economist, per un affare complessivo stimabile in 400 milioni di sterline (al cambio attuale pari a 500 milioni di euro).
Più che il «gruzzolo», Exor ha una forza finanziaria di almeno 3 miliardi, conta però qui la strategia e l'obiettivo «politico». Perché la missione editoriale londinese di Exor è l'ultima pietra del mosaico internazionale che il presidente John Elkann ha progressivamente raccolto nella holding e di cui si può forse oggi considerare il primo passo la nascita di Fiat-Chrylser sotto l'egida dell'ad Sergio Marchionne. Anche emblematicamente, perché la redazione dell'Economist si trova nello stesso palazzo dove Marchionne ha trasferito la sede fiscale del gruppo automobilistico.
Gli ultimi esempi della grande marcia internazionale degli Agnelli sono la decisione di scorporare e quotare Ferrari, l'archetipo del lusso made in Italy, sul listino di Wall Street e di ingaggiare una battaglia durissima per mettere le mani sul colosso delle polizze americane PartnerRe: solo su questa operazione, dopo più di un rilancio per piegare l'opposizione del cda del gruppo assicurativo, Elkann ha scommesso 7 miliardi di dollari. L'assemblea decisiva si terrà a inizio agosto e Exor dovrebbe avere dalla sua molti investitori istituzionali.
Anche il riassetto dell'Economist dovrebbe chiudersi in un paio di settimane, ma la geografia finale del libro soci dipenderà da quanti altri si faranno avanti. Il capitale del settimanale è infatti paragonabile a un grande club, cui partecipano con azioni di tipo «A» e «B» alcune delle famiglie più influenti del Vecchio continente come Cadburys, Rothschild, Schroder e appunto gli Agnelli.
Ecco proprio queste famiglie, detentrici delle azioni di classe «A »(più potenti in termimini di governance, cioè di diritti di voto), saranno derminanti nel disegno dell'azionariato dopo l'uscita di Pearson. Elkann siede anche nel consiglio di amministrazione del settimanale, dove è presente dal 2013 il presidente di Google Eric Schmidt. Elkann peraltro non perde occasione, da qualche anno, di volare a Sun Valley nell'Idaho per il periodico incontro tra i grandi dell'editoria e della new economy. Si era parlato anche di un interesse di concorrenti come Bloomberg, Reuters-Thompson o Axel Springer, ma probabilmente il riassetto si farà (quasi) tutto in casa Economist.
Insomma, come ai tempi dell'Avvocato, la carta stampata resta una delle grandi passioni di casa Agnelli, che in Italia è il primo azionista di
Rcs-Corriere della Sera e ha rafforzato La Stampa con il Secolo XIX. In via Solferino, gli equilibri del cda sono però tornati roventi; vedremo quale sarà la sorte dell'ad Pietro Scott Jovane, scelto e voluto dallo stesso Elkann.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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