Tormento Alitalia. Da almeno trent'anni leggo - e scrivo - di questa compagnia aerea (o del filo di ferro) che invece di decollare sprofonda: prima perché male amministrata, poi perché ha assunto cani e porci fino ad avere un organico pletorico e costosissimo. Il risultato è noto: un fallimento, un bilancio pieno di buchi, nessuna prospettiva - se non illusoria - di risanamento. Lo Stato, chiamato ogni due per tre a ripianare i passivi, si è svenato, ovviamente pesando sui contribuenti obbligati a versare tasse in un crescendo senza termine.
Il destino delle imprese pubbliche o semipubbliche è sempre stato fosco, ma quello di Alitalia non ha mai cessato di essere tragico. Nonostante ciò, la compagnia di bandiera si è avvalsa di salvataggi antieconomici, cosicché è stata tenuta in vita artificialmente, come certi poveri cristi vittime di accanimento terapeutico, ai quali si garantisce un supplemento di sofferenza, ma nessuna speranza. L'azienda in questione è l'emblema del nostro Paese pasticcione e sprecone: un cadavere che mangia più di mille uomini in piena salute; non serve a nulla, ma tutti si affannano affinché non infoltisca l'elenco dei defunti.
Analizzare i conti di Alitalia significa rischiare l'infarto: essa incassa poco e spende troppo. Alcuni anni orsono era sul punto di portare i libri in tribunale. Ma i francesi si offrirono per rilevarla e lanciarono una ciambellina che andava afferrata al volo. Si cedeva tutto l'ambaradan ai transalpini, e qualche posto di lavoro forse sarebbe rimasto a galla. Sappiamo com'è andata. Silvio Berlusconi organizzò una cordata e Alitalia, supportata da una cassa integrazione guadagni già prosciugata, parve riprendersi con l'aiuto di banche e imprenditori speranzosi di concludere un buon affare.
Quando un'impresa è maledetta, non torna mai su ma va ancora più giù. È andata talmente giù che se ora non fossero arrivati gli arabi - e sottolineo arabi - sarebbe già scesa all'inferno. E invece eccoci ancora qui a discutere di aerei e di piloti e di hostess. Che palle. Etihad ha alzato il ditino e ha detto: noi siamo interessati ai velivoli e alle rotte del vostro scassato Paese; però possiamo prenderceli a una condizione: che gran parte del personale ve lo teniate. Comincia la trattativa, indovinate con chi? Coi sindacati. Ossignore. Cisl, Uil e Ugl (una piuma) si dichiarano disponibili ad accettare il capestro, consapevoli dell'assenza di alternative; mentre la Cgil, ancora convinta di essere importante, s'inalbera e grida: non ci stiamo.
Chissenefrega: questa sarebbe stata la risposta più calzante. Ma chi osa contrastare Susanna Camusso? Le banche sono d'accordo. I sindacati morbidi sono d'accordo. Numerosi dipendenti, rassegnati, ingoiano l'amaro stoicamente. La Cgil, viceversa, ferma nei suoi propositi suicidi, insiste nel dire no e poi no. D'altronde il sindacato rosso nei test d'intelligenza non è mai stato brillante. A questo punto il rischio che Alitalia vada a ramengo è assai elevato, ma alla Camusso ciò non toglie il sonno, dato che la signora dorme anche quando strilla. Forse è sonnambula. Da notare che il piano per non seppellire la compagnia prevede cassa integrazione à gogo, trasferimento di personale di qua e di là, aiuti e aiutini d'ogni tipo.
La solita storia. Se una ditta privata è in difficoltà, e bussa alla porta pubblica, è immancabilmente respinta con perdite e costretta a chiudere bottega. Se una ditta ha qualche aggancio con lo Stato o sue derivazioni lancia l'Sos e c'è sempre qualcuno che allunga la mano onde soccorrerla. Tanto è vero che l'Unione artigiani della provincia di Milano ha emesso un comunicato per dire la verità: se gli stessi criteri adottati per Alitalia fossero stati estesi alle piccole e medie industrie (pure artigianali, naturalmente), solo nel circondario della cosiddetta capitale morale ci sarebbero 70mila posti di lavoro in più. Che non sono una minuzia.
Questo dimostra che Roma ladrona non è soltanto uno slogan leghista, ma anche la descrizione della realtà, la foto di gruppo scattata ai trafficoni politici nazionali.
O l'imprenditore gravita attorno al Palazzo, e allora spesso se la cava, oppure agisce con le proprie forze e viene stroncato dal fisco e dal cappio burocratico.Per rendere giustizia - almeno in parte - s'impone a lorsignori di regalare ad Alitalia ciò che è stato regalato agli artigiani: zero. Anziché l'aereo, prenderemo il treno, che è anche più comodo.
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