"Aiuto", gli sms della vittima incastrano Genovese

Dalla stanza dell'aguzzino la ragazza ha messaggiato le amiche: "Sono in pericolo"

"Aiuto", gli sms della vittima incastrano Genovese

«Sono in una situazione pericolosossima», è l'sms della vittima dello stupro che aggrava ulteriormente la già pesantissima posizione di Albero Genovese, arrestato giorni fa a Milano con l'accusa di aver abusato di una ragazza appena maggiorenne: una delle tante giovani donne che costituivano l'harem in cui il manager bocconiano si muoveva da sempre col fare di un «sultano»-predatore. Ieri, secondo le anticipazioni pubblicate dal Corriere della Sera, gli inquirenti sono venuti in possesso di altre prove documentali a supporto dei già numerosi riscontri sul modus operandi di Genovese durante i party organizzati nel suo attico milanese. Feste dove si faceva abitualmente uso di droga e dove il padrone di casa era solito brutalizzare le sue ospiti dopo averle - secondo l'ipotesi accusatoria - stordite con «pasticche» in grado di annientare nelle vittime qualsiasi ricordo.

Ma a volte le «tracce» di quanto di brutto era accaduto diventavano troppo evidenti anche per chi «non doveva ricordare», come nel caso della 18enne che ha denunciato il padrone di casa scoperchiando il pentolone degli abusi.

Ieri, sempre il quotidiano di via Solferino, ha messo in rete sul proprio sito le immagini di una festa a tutto volume in casa Genovese, con tanto di dj-set e musica sparata a palla nella notte udibile fin in strada. Ma quello del «disturbo alla pubblica quiete» (per il quale Genovese era stato più volte denunciato dai condomini del palazzo) era la cosa meno grave che accadeva in quel palazzo a pochi metri da Piazza Duomo. Nella stanza-proibita dell'attico, il manager ex ad del sito facile.it avrebbe fatto cose ben più gravi e inconfessabili, violenze che ora Genovese tenta di giustificare con la sua «dipendenza dalla droga». «Quando ero sotto l'effetto di sostanze stupefacenti non riuscivo a distinguere il bene dal male», ha tentato di giustificarsi con il giudice. Intanto ora tirano un sospiro di sollievo gli inquilini del palazzo super-lusso dove Genovese organizzava le sue «mitiche feste»: finalmente ora regna il silenzio, quel silenzio che il ballerino Roberto Bolle (uno dei vip che abitano nello stabile a cinque stelle) aveva reclamato proprio nella notte dello stupro, chiamando la polizia per mettere fine agli schiamazzi. Una volante arrivò ma anche gli agenti dovettero arrendersi difronte all'impenetrabilità del fortino di casa-Genovese: un appartamento a più piani disseminato di telecamere e guardie del corpo. E fu proprio un bodyguard di vedetta davanti alla camera da letto in cui Genovese si era appartato con la vittima dello stupro a respingere, per ben tre volte, i tentativi delle amiche della 18enne per salvarla. Pochi attimi prima che la violenza si consumasse, le giovani ricevettero infatti l'sms della loro amica le implorava di liberarla. Vani i loro tentativi di forzare il blocco davanti a quella maledetta camera: «Là dentro c'è la nostra amica, deve venire via con noi, dobbiamo parlarci». Ma il bodyguard è inflessibile: «Di qui non si passa». Secondo gli inquirenti i tentativi di sottrarre la giovane all'aggressione sono stati «almeno tre, nell'arco di quattro ore», tutti stoppati dalla «catena di sicurezza» di Genovese. Il quale, dopo la violenza, ordina di distruggere tutte le immagini delle telecamere installate nell'attico. Quando le amiche della vittima decidono di andar via dall'appartamento, ormai lo stupro è avvenuto e la 18enne è riversa, ferita e priva di sensi, sul letto di Genovese.

Si risveglierà solo l'indomani. Il tempo di capire ciò che di terribile aveva subito, e la decisione giusta viene presa: andare in questura e denunciare il fatto. Nel giro di 24 ore le manette scattano ai polsi di Genovese.

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