Dolore e rabbia, disperazione e voglia di vendetta. Un mix di sentimenti lega decine di persone, che ieri pomeriggio hanno reso omaggio a Emanuele Morgagni. Occhi gonfi, volti trasfigurati dalle lacrime, fiori in mano. Nella camera mortuaria allestita a Tor Vergata, dove si è svolta l'autopsia, c'erano la madre Lucia, il padre Giuseppe, il fratello e la sorella del ventenne e tanti, tanti amici e conoscenti. In attesa di entrare anche gente che il ragazzo non l'ha mai incontro, ma ha voluto ugualmente rendergli omaggio.
Questa mattina Emanuele torna a Tecchiena, nel paese che venerdì notte aveva lasciato, guidando l'auto del papà, per raggiungere il Mirò Music Club con la sua Ketty. La ragazza da giorni non trova pace. «Volevo raggiungere Emanuele ma c'era una ragazza che mi bloccava e me lo impediva - racconta disperata -. Ad un certo punto, lui si è divincolato, mi è venuto vicino, mi ha preso le guance e mi ha dato un bacio. Mi ha detto mi sa che dobbiamo scappare e poi quelli se lo sono portato via. Non l'ho più visto». I funerali si terranno questo pomeriggio alle 15, nella chiesa di Tecchiena Castello, e saranno blindatissimi, con le forze dell'ordine in prima linea, per evitare ritorsioni e vendette. Il rischio è alto, se si considera che gli avvocati che hanno accettato di difendere gli imputati, sono stati minacciati di morte e i parenti dei principali sospettati, per paura, nei giorni scorsi hanno lasciato la provincia.
Ieri, intanto, a Regina Coeli si sono svolti gli interrogatori di convalida del fermo per Paolo Palmisani e per Mario Castagnacci, accusati di omicidio volontario aggravato da futili motivi. Il Gip Anna Maria Gavoni, competente per territorio, poiché i due sono stati scovati nella capitale, ha stabilito che entrambi resteranno in carcere e ha trasmesso gli atti al collega di Frosinone, titolare del fascicolo di indagini. I due fratellastri, però, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.
Giovedì, invece, Castagnacci aveva risposto per quasi cinque ore al procuratore di Frosinone, Giuseppe De Falco, negando di aver aggredito Emanuele. «Io non c'entro nulla, ero in piazza ma non ho partecipato al pestaggio», ha spiegato il cuoco ventisettenne, con precedenti per spaccio. Ha ammesso, quindi, di essere lì in quella circostanza, ma giura di aver solo assistito al pestaggio, senza prendervi parte.
Gli inquirenti non ritengono però credibili le sue parole e considerano schiaccianti le testimonianze a carico suo e di Palmisani. Entrambi resteranno in isolamento, perché c'è il pericolo concreto che vengano presi di mira dagli altri detenuti.
Anche i buttafuori, finiti nel registro degli indagati,
negano ogni addebito. Eppure venerdì notte Emanuele scappava come una preda, inseguito da un branco di vigliacchi, che l'hanno aggredito senza pietà con calci, pugni e una chiave di ferro, fino a lasciarlo a terra esanime.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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