Durigon cede all'assedio "Sbaglio in buon fede ma non sono fascista"

Si dimette il sottogretario leghista dopo le frasi sui Mussolini: "Sono pronto a pagare".

Durigon cede all'assedio "Sbaglio in buon fede ma non sono fascista"

T anto tuonò che piovve. Alla fine Claudio Durigon, il sottosegretario leghista alle Finanze, lascia il suo incarico di governo, dopo le polemiche scatenate dalla sua proposta provocatoria di intitolare i giardini pubblici di Latina ad Arnoldo Mussolini.

Il leghista pontino, lo scorso 4 agosto, aveva avanzato questa proposta: ripristinare il nome originario dei giardini. «Per valorizzare l'identità della città». E non importa se nel frattempo erano diventati nel 2017, i «giardini Falcone e Borsellino», in memoria dei giudici eroi e martiri nella lotta alla mafia. Fin dal giorno dopo la proposta è stata considerata un'apologia del fascismo da tanti esponenti del mondo politico. E sono iniziate le pressioni su Salvini per costringere il «suo» sottosegretario alle dimissioni.

Lunedì scorso anche Draghi gliene aveva parlato nel corso di un incontro a Palazzo Chigi. Poi ieri, dopo un faccia a faccia con il segretario, Durigon ha gettato la spugna. Non prima, però, di affidare ai mezzi di comunicazione una lunga lettera per raccontare la sua versione. «È chiaro che, nella mia proposta toponomastica sul parco comunale di Latina, pur in assoluta buona fede - scrive l'ex sindacalista Ugl ora numero uno della Lega nella provincia di Latina -, ho commesso degli errori. Di questo mi dispiaccio e, pronto a pagarne il prezzo, soprattutto mi scuso. Mi dispiace che mi sia stata attribuita un'identità fascista, nella quale non mi riconosco in alcun modo. Non sono, e non sono mai stato, fascista. E, più in generale, sono e sarò sempre contro ogni dittatura e ogni ideologia totalitaria».

Nella lunga lettera, nella quale punta l'indice contro «i professionisti della strumentalizzazione», Durigon ci tiene soprattutto a sgombrare il campo da un equivoco. Quello legato proprio ai nomi dei due giudici morti per mano della mafia. «La legalità, e il contrasto alle organizzazioni criminali - scrive l'ormai ex sottosegretario del governo Draghi -, sono per me dei valori assoluti. Per questo, anche se le mie intenzioni erano di segno opposto, mi scuso con quanti, vittime di mafia (o parenti di vittime di mafia), possono essere rimasti feriti dalle mie parole». Un pensiero particolare Durigon lo rivolge «alle famiglie Falcone e Borsellino, e a quelle degli agenti di scorta caduti insieme a loro». «Le mie scuse sono sentite e profonde (come sentita e profonda è, per me, la convinzione nel valore della legalità) - scrive -. È per questo che mi indigna veramente il fatto che qualcuno, forzando il senso delle mie parole, mi abbia accusato di mancanza di rispetto e di ingratitudine nei confronti di Falcone e Borsellino. Che invece sono non solo due figure eroiche, ma anche dei modelli di etica, di civismo, di senso dello Stato».

Nella sua lunga missiva, Durigon spiega le ragioni della sua proposta: «Volevo soltanto proporre di ripristinare il nome originario del parco, scelto dagli stessi coloni e per tanti anni (nonostante il cambiare delle giunte comunali) è stato mantenuto a memoria di uno straordinario processo di integrazione rappresentato dalla bonifica dell'Agro Pontino». Non c'era alcuna intenzione, puntualizza, di mettere a confronto il nome di Arnaldo Mussolini con quello di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. «A me premeva soprattutto - conclude - ricordare quella storia collettiva di impegno e sacrificio. La mia vera colpa è che non mi dimentico di essere figlio della bonifica pontina. Tutto, in quelle terre, rimanda a una storia che invece un certo tipo di politicamente corretto vorrebbe rimuovere per sempre».

Alla fine Salvini è riuscito nell'intento di chiedere al suo sottosegretario un passo indietro e sono sue le prime parole a commento della lettera. «Ringrazio Claudio non solo come politico ma soprattutto come uomo, amico, persona onesta, concreta, schietta e coraggiosa - afferma il leader del Carroccio -, che a differenza di altri lascia la poltrona per amore dell'Italia e della Lega, e per non rallentare il lavoro del governo, messo irresponsabilmente in difficoltà per colpa di polemiche quotidiane e strumentali da parte della sinistra. Contiamo che questo gesto di responsabilità e generosità induca a seria riflessione altri politici, al governo e non solo, che non si stanno dimostrando all'altezza del loro ruolo». L'accenno tutt'altro che velato è al «caso Lamorgese».

Salvini non fa mistero del suo giudizio negativo sulla responsabile del Viminale: «La persona sbagliata al posto sbagliato». E ora che Durigon è fuori gioco sono in molti a scommettere che il prossimo passo della Lega potrebbe essere una mozione di sfiducia per la ministra.

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