Alfie morirà da italiano all'estero. L'orgoglio britannico ha mostrato ieri la sua faccia più cattiva e ha negato al bambino inglese affetto da una grave malattia neurodegenerativa, sconosciuta e cattiva, la possibilità di volare in Italia per essere ricoverato al Bambino Gesù di Roma. A nulla è servito il fatto che l'Italia gli abbia concesso la cittadinanza, gesto simbolico ma che si sperava anche potesse avere effetti pratici, annunciato lunedì e ratificato ieri dal consiglio dei ministri. E a terra sono rimasti l'aeroambulanza pronta a Liverpool per partire in direzione di Roma e il jet privato messo a disposizione dalla Farnesina. La giustizia britannica ha deciso di restituire all'Italia lo schiaffo ricevuto l'altro giorno. Quindi niente Roma. Il giudice si è basato sul parere dei medici, secondo cui il viaggio a Roma sarebbe per il bimbo inutile e anzi dannoso. probabilmente morirebbe in volo.
Ad Alfie sarà consentito soltanto, se i genitori lo vorranno, di trascorrere quelle che si presumono essere le sue ultime ore a casa. Se sarà in grado di resistere qualche giorno. Secondo un medico dell'Alder hei Children's Hospital di Liverpool, dove il piccolo è ricoverato, potrebbero volerci, anche a casua dei militanti dell'Alfie's Army che cingono d'assedio l'ospedale, «potrebbero volerci tra i tre e i cinque giorni». Troppo, forse.
Ieri è stata una nuova giornata di fiati sospesi e di polemiche sulla sorte del piccolo Alfie, che compirà (compirebbe) due anni il prossimo 9 maggio. Lunedì sera i medici dell'Alder Hey pensavano di aver scritto la parola fine sulla vicenda di Alfie, staccandolo dalle macchine che lo tenevano in vita. Qui è iniziata la commovente lotta del piccolo per restare in vita lo stesso. Undici ore è durata la resistenza del leoncino, che ha ottenuto due risultati. I medici hanno ridato al piccolo sfinito l'ossigeno e l'acqua. E il giudice dell'alta corte di Manchester Anthony Hayden ha deciso di accontentare i genitori Thomas e Kate Evans, che incoraggiati dalla buona notizia hanno chiesto una nuova udienza. Un'udienza interminabile e comprensibilmente drammatica, al termine della quale i genitori di Alfie speravano venisse concessa l'autorizzazione a trasferire il piccolo a Roma, all'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, dove i medici non vedevano l'ora di occuparsi di lui. «Sarebbe stato solo un gesto di normale umanità e di buon senso», ha detto l'avvocato della famiglia, Paul Diamond.
Nel caso di Alfie - come in quelli analoghi verificatisi in Gran Bretagna nell'ultimo anno, il più celebre quello di Charlie Gard morto il 27 luglio 2017 - la battaglia è tra ragione e cuore, tra morte e vita, tra contabilità ed emotività. Ieri il giudice Hayden ha invitato a un certo punto l'avvocato Diamond a evitare il «corto circuito emotivo». Ma certo per l'opinione pubblica (britannica o italiana poco importa) è difficile restare indifferenti di fronte alle fotografie postate da mamma Kate che ritraggono Alfie abbracciato alla mamma senza il respiratore. In quelle immagini toccanti sembra un bambino addormentato. Sul suo volto bellissimo, nessun indizio di sforzo e sofferenza, solo serenità e la gioia di annusare l'odore della mamma.
La sentenza di ieri sembra scrivere la parola fine sulla vicenda di Alfie, anche se le
sorprese sono sempre dietro l'angolo. Alfie morirà a casa, forse. L'Italia e le sue speranze di vita restano lontane.Ciao Alfie. Lo scriviamo in italiano. Nella lingua del Paese che lo ha adottato senza poterlo accarezzare.
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