Cronaca nera

Alice uccisa dal fratello, indagati agenti e un medico

"A signo', non fàmola tragica" rispose il 112 alle denunce dei genitori. E la psicologa rifiutò il ricovero

Alice uccisa dal fratello, indagati agenti e un medico

«A signo', non fàmola tragica». È la risposta dell'operatore del 112 quando, dopo una serie di minacce, la famiglia Scagni chiede l'intervento della polizia. Aiuto che non è stato dato da forze dell'ordine e operatori sanitari, sentiti prima come testimoni, ora indagati dal sostituto procuratore Paola Crispo e Vittorio Ranieri Miniati per omissione in atti di ufficio e omessa denuncia. Fatti accaduti prima della morte di Alice Scagni, 35 anni, ammazzata a Quinto, Genova, con 20 coltellate dal fratello Alberto, 42 anni.

Mesi di indagini e accertamenti dalla denuncia dei genitori di Alice per omicidio in conseguenza di altro reato, ovvero avvenuto a causa di una serie di gravi «leggerezze». A cominciare da un centralinista della sala operativa che, dal momento che le minacce ricevute non erano immediate, ovvero che il figlio non era sotto casa, dice agli Scagni di sporgere denuncia il giorno dopo. È domenica 1° maggio, le volanti sono poche e, secondo l'agente, i signori Scagni la stanno facendo tragica. Del resto nemmeno 24 ore prima Alberto, l'assassino, aveva preso a pugni e dato fuoco alla porta della casa della nonna. Azione che avrebbe dovuto mettere in allarme. Non solo. L'ultima, drammatica, telefonata ai genitori, poche ore prima, è più di una semplice minaccia: «Lo sai stasera dove sono Gianluca e tua figlia? Se non trovo i soldi sul conto tra 5 minuti, lo sai dove cazzo sono?».

Ma per il 112 non basta a mandare qualcuno sul posto. Secondo la Procura, che a breve invierà i primi avvisi di garanzia a due poliziotti e a un medico del Dipartimento di Salute Mentale, il femminicidio sarebbe stato preceduto da una serie di drammatiche negligenze. «La verità che si fa strada - commenta Antonella Zarri, la madre di Alice e Alberto - e di cui noi siamo certi, è che ci sono stati rubati due figli. Ho il cuore che è una pietra pesante. Per noi avere tre indagati equivale a un avanzamento verso la verità ma questo ci provoca ancora più dolore perché ci conferma che la tragedia poteva essere evitata». Un omicidio annunciato, a cominciare da quel grave disturbo di personalità di tipo antisociale dell'assassino, diagnosticato fin dall'età adulta, narcisistico e borderline, complicato dall'abuso di sostanze psicoattive, alcol e droga. Personalità, questa, che aveva già mostrato tutti i segni di aggressività e che poteva essere fermata in tempo. Eppure anche i medici, una dottoressa in particolare, hanno sottovalutato la situazione e il pericolo.

È il 28 aprile, due giorni prima dell'aggressione, quando i genitori chiedono il ricovero per Alberto. Ma la psichiatra si rifiuta di eseguire un Aso, un Accertamento sanitario obbligatorio. «Devo chiedere al primario» la sua risposta. La famiglia Scagni punta il dito anche su di lei, dal momento che la diagnosi del figlio e i fatti violenti di cui si era già reso protagonista, avrebbe dovuto allertare la struttura sanitaria. Ma niente si è mosso per evitare il peggio. E proprio sulle sue capacità mentali è in corso l'incidente probatorio disposto dal gip Paola Faggioni. Secondo il perito Elvezio Pirfo, che si è occupato di Annamaria Franzoni, Alberto è semi infermo ma capace di stare in giudizio. Di parere opposto il consulente della famiglia secondo il quale l'uomo è totalmente incapace, al contrario di quanto sostiene l'esperto incaricato dalla Procura. Personalità, però, che aveva mostrato in passato inquietanti segnali di violenza.

A dicembre la discussione della perizia.

Commenti