Economia, sviluppo e occupazione sono le realtà che la guerra dei dazi rischia di mettere in ginocchio. Lo stesso presidente della Bce, Mario Draghi, ha lanciato l'allarme sul pericolo che le crescenti tensioni internazionali sul fronte commerciale comincino a pesare sulle previsioni economiche. Alla ritorsione dell'Ue su alcuni prodotti simbolo degli Usa (Bourbon, jeans e moto) che il dazio doganale del 25% renderà più salati, Donald Trump ha risposto con l'ennesima minaccia: una tassa del 20% su tutte le automobili che varcheranno l'Atlantico.
La tegola Ue, per Washington, pesa 2,8 miliardi di euro, in risposta alla decisione americana di imporre tasse doganali su alluminio (10%) e acciaio (25%). Ma Bruxelles potrebbe presentare un'altra lista di prodotti da 3,5 miliardi da tassare se, e quando, l'Organizzazione mondiale del commercio le darà ragione sul ricorso presentato contro gli Usa. Un botta e risposta che potrebbe presto trasformarsi in un vero gioco al massacro.
Trump, attraverso il solito tweet, ha avvertito nuovamente l'industria dell'auto europea: «Le macchine le dovete costruire qui!». E mentre analisti e banche d'affari scrutano la palla di vetro per capire quali saranno le ripercussioni sul comparto automobilistico (a essere più esposti sul fronte Usa sono sempre i tedeschi), c'è chi teme un catastrofico allargamento della guerra dei dazi all'agroalimentare, indiscusso punto di forza del made in Italy già penalizzato dalle ritorsioni dell'Ue nei confronti della Russia.
In pratica, la guerra commerciale sui dazi potrebbe coinvolgere anche la tavola, vista la ripicca europea su una serie di prodotti che vengono esportati dagli Stati Uniti. È il vino, ricorda in proposito Coldiretti, il prodotto più gettonato in Nord America (nel 2017 l'export di cibo e bevande ha toccato il valore massimo: 4 miliardi), seguito da olio, formaggi e pasta. E, sempre gli Stati Uniti, si collocano al terzo posto tra i principali italian food buyer dopo Germania e Francia.
Per l'auto, invece, il primo costruttore a dichiarare pubblicamente a quali conseguenze rischia di andare incontro, è stato Daimler-Mercedes. Il gruppo di Stoccarda ha infatti lanciato un profit warning sul 2018. La Casa automobilistica, oltre a esportare negli Usa, ha una fabbrica in America da dove spedisce le vetture sul mercato cinese. Secondo Daimler, l'effetto negativo delle minori vendite in Cina, dovuto alle tensioni commerciali tra Washington e Pechino, non potrà essere compensato da altri mercati.
Le reazioni in Borsa dei titoli Ferrari e Fca. Entrambe le società sono «Usa-dipendenti». In Italia, infatti, nascono tutte le supercar del Cavallino (Maranello), insieme ai modelli di Maserati (Mirafiori, Grugliasco e Modena) e Alfa Romeo (Cassino). Da Melfi, invece, partono per gli Usa i modelli Jeep Renegade e Fiat 500X.
È lo stato dell'arte, in attesa di conoscere, dopo l'estate, la futura strategia produttiva del Lingotto. Ferrari ha chiuso la giornata perdendo l'1,19% (120,15 euro), mentre il calo di Fca è stato del 2,42% (16,498 euro).
Per il Lingotto resta da capire quale atteggiamento assumerà la Casa Bianca verso un gruppo che, da una parte esporta alcuni prodotti all'Italia, ma dall'altra vanta un forte business negli Usa (primo mercato), dove investe, ha numerosi siti ed è fonte di occupazione. In un report, Mediobanca conferma l'outperform per Fca, e una volatilità in Borsa per il settore delle quattro ruote.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.