Le faglie dell'Etna sono tre volte un pericolo: provocano terremoti, spaccano il suolo ed emanano radon, un gas cancerogeno che può accumularsi nelle case rendendole letali. È il risultato di uno studiodella rivista internazionale Frontiers in Public Health. L'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia da molti anni analizza su tutto il territorio nazionale il radon, un gas cancerogeno che l'Organizzazione Mondiale della Sanità colloca nel «gruppo 1», ovvero tra i più pericolosi per la salute umana. Un allarme preoccupante per la popolazione che abita alle pendici dell'Etna, sui cui fianchi affiorano numerose faglie che presentano una caratteristica: fratturano in modo massiccio le rocce circostanti aumentando così significativamente la loro permeabilità.
Questo permette ai fluidi e ai gas presenti nel sottosuolo di muoversi più liberamente proprio attraverso quelle zone fratturate, raggiungendo così la superficie con più facilità. Tra questi gas, subdolo e micidiale, emerge in superficie anche il radon. Per tre anni sono state registrati i dati di 12 sensori in sette edifici sulle pendici meridionali e orientali del vulcano: a Giarre, Zafferana Etnea, Aci Catena, Aci Castello e Paternò. I sensori hanno rilevato concentrazioni medie annue spesso superiori a 100 Bq/m3 (cioè Bequerel per metro cubo), valore di primo livello di attenzione per esposizione media annuale raccomandato dall'Oms.
In alcuni casi, tale concentrazione media è risultata persino maggiore di 300 Bq/m3, con punte superiori a 1.000 Bq/m3. Lo studio certifica che la concentrazione è più alta nella case più vicine alle faglie.
Un problema che l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ritiene «opportuno e utile approfondire ed estendere il monitoraggio» a un numero di gran lunga maggiore di case visto anche che il sisma del 2018 ha evidenziato ancora una volta la vulnerabilità del territorio etneo.
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