New York Dossier iraniano, disputa con la Cina, protezione dei confini e dell'America First, ma non una parola sul clima. Sono questi in sintesi i temi toccati dal presidente americano Donald Trump davanti ai leader mondiali dal palco dell'Assemblea Generale dell'Onu. Arrivato al Palazzo di Vetro con la first lady Melania e il resto del clan, il tycoon ha puntato anzitutto sul nodo iraniano. «Gli Stati Uniti non cercano il conflitto con nessun Paese. Vogliamo pace e cooperazione, ma io non smetterò mai di difendere gli interesse americani», ha detto. Trump ha denunciato la «sete di sangue» di Teheran, che sta alimentando le guerre in Siria e Yemen: «Tutte le nazioni hanno il dovere di agire, finché continuerà il suo comportamento minaccioso, le sanzioni non saranno revocate, ma rafforzate». «L'Iran è il maggiore sponsor mondiale del terrorismo, nessun paese dovrebbe sponsorizzarlo», ha spiegato, sottolineando tuttavia che è «il momento che i leader iraniani mettano finalmente al primo posto il loro popolo. L'America è pronta ad abbracciare l'amicizia con tutti coloro che cercano sinceramente pace e rispetto».
Un'apertura su Teheran è arrivata dal presidente francese Emmanuel Macron, il quale dopo l'incontro con l'omologo Hassan Rohani ha detto di «sperare che possano esserci progressi nelle prossime ore». Anche se lunedì, in un comunicato congiunto, i leader di Francia, Germania e Gran Bretagna hanno dichiarato che «l'Iran ha la responsabilità dell'attacco» del 14 settembre alle strutture petrolifere saudite: «Non c'è altra spiegazione plausibile, sosteniamo le indagini in corso per stabilire ulteriori dettagli». Dal palco dell'Onu, Trump ha attaccato anche Nicolas Maduro, definendolo un «burattino umano»: «La situazione in Venezuela dimostra come il socialismo e il comunismo non hanno niente a che fare con l'uguaglianza, ma col potere e il totalitarismo». Quindi, ha riaffermato le sue posizioni sul commercio: «Per decenni il sistema del commercio internazionale è stato sfruttato da stati che agiscono in cattiva fede. Al centro della nostra visione c'è un ambiziosa campagna per riformare questo sistema». Quindi ha puntato il dito contro la Cina, che non ha adottato le riforme promesse e fa ricorso a pesanti aiuti di Stato, oltre a rubare l'informazione tecnologica: «Serve un cambio drastico del Wto». A Pechino, e al suo presidente Xi Jinping, ha lanciato anche un messaggio sulle manifestazioni a Hong Kong, sottolineando che il mondo sta «osservando», e «il modo in cui la Cina sceglierà di gestire la situazione dirà molto sul suo ruolo nel mondo del futuro». Al centro del discorso del Commander in Chief, apparso pacato e distaccato, ci sono stati pure i principi dell'America First. «Il futuro non appartiene ai globalisti, il futuro appartiene ai patrioti, a stati forti e indipendenti», ha affermato, chiedendo ai leader del mondo di dare la priorità ai propri Paesi, ai confini sicuri e ad accordi commerciali bilaterali. E precisando che il «globalismo ha esercitato un'attrazione religiosa sui leader del passato facendo sì che alla fine questi ignorassero i loro interessi nazionali». Ma «quei giorni sono finiti».
«Quando si indebolisce la sicurezza dei confini si indeboliscono i diritti umani e la dignità umana», ha proseguito, attaccando gli «attivisti dei confini aperti»: «le vostre politiche sono cattive e crudeli perché rafforzano le organizzazioni criminali». Mentre ai migranti ha chiesto di non pagare i trafficanti. Nemmeno una parola, invece, è stata dedicata al clima e all'ambiente, temi centrali della 74 esima Assemblea Generale.
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