Alta tensione Bielorussia. L'Europa sanziona Minsk. "Elezioni da annullare"

Accolte le richieste degli oppositori al regime Lukashenko invia le truppe al confine lituano

Alta tensione Bielorussia. L'Europa sanziona Minsk. "Elezioni da annullare"

Un'Europa solitamente balbettante o divisa ha ritrovato l'unità per rispondere con una voce sola al vergognoso spettacolo di un dittatore europeo che usa la frode e la violenza per conservare il potere. Al termine del Consiglio Europeo straordinario convocato per affrontare la situazione in Bielorussia, il presidente Charles Michel ha annunciato che i Ventisette hanno deciso di comune accordo di non riconoscere i risultati ufficiali delle elezioni presidenziali dello scorso 9 agosto, che avevano confermato per la sesta volta consecutiva il padre-padrone del Paese Aleksandr Lukashenko. Non solo: Michel ha chiarito che l'Europa applicherà sanzioni personali nei confronti di «un numero significativo» di esponenti del regime coinvolti nei brogli elettorali e nella brutale repressione delle proteste che hanno seguito la proclamazione dei risultati.

Sono state così accolte in pieno le richieste del coordinamento degli oppositori del regime di Minsk, che si erano rivolti all'Unione Europea perché non concedesse legittimità a un usurpatore che non esita a far torturare e uccidere i propri connazionali. Michel ha promesso sostegno politico all'opposizione in esilio, che ha posto la sua base in Lituania, Paese baltico membro dell'Ue. Bruxelles ha anche stanziato 53 milioni di euro per la Bielorussia: 50 serviranno per l'emergenza Covid (grottescamente sottostimata da Lukashenko che invitava a prevenire il contagio bevendo vodka e facendo saune), e tre andranno alle vittime della repressione. Con questa netta presa di posizione l'Europa respinge la pretesa della Russia di svolgere un ruolo privilegiato nella gestione della crisi. Il presidente russo Vladimir Putin aveva chiarito di considerare inaccettabili le «ingerenze straniere in Bielorussia», dimenticando che questa ormai dal 1991 non è più una Repubblica sovietica soggetta a Mosca. «Siamo al fianco del popolo bielorusso che vuole subito libertà fondamentali e democrazia ha detto la presidente della Commissione Ursula von der Leyen -. L'Ue è pronta ad accompagnare una transizione di potere pacifica e democratica» che dovrà passare attraverso nuove elezioni.

Lukashenko, in difficoltà davanti al dilagare degli scioperi che bloccano il Paese, reagisce minacciando. Invia militari ai confini lituani per respingere immaginarie aggressioni della Nato, grida al colpo di Stato ed esorta l'Occidente a occuparsi dei problemi di casa propria. Soprattutto, minaccia di reprimere con ancor maggiore violenza le manifestazioni di piazza, appellandosi a un presunto desiderio del popolo di ritorno all'ordine.

Lukashenko non ha il coraggio di ammettere che il suo nemico è proprio il suo popolo, e conta sul sostegno di Putin, che ieri però non sembrava così certo. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha sì ammonito l'Occidente a «non sfruttare le difficoltà della Bielorussia per immischiarsi nei suoi affari», ma il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha detto sibillino che «al momento non c'è bisogno dell'aiuto previsto tra i Paesi che aderiscono al trattato di sicurezza collettiva» (cioè di quello russo in favore di Lukashenko) e che la crisi attuale è un problema che i bielorussi devono risolvere da soli.

Forse davvero Putin pensa di scaricare il poco affidabile alleato e di trattare con una futura leadership democratica a Minsk per ottenere l'unica cosa che gli interessa: che la Bielorussia non passi nel campo occidentale ma resti almeno neutrale.

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