Il vicedirettore del TG1 Angelo Polimeno Bottai, giornalista parlamentare e notista politico di rango, dopo «Non chiamatelo Euro», pubblica il suo nuovo libro «Alto Tradimento», «Privatizzazioni, Dc, euro: misteri e nuove verità sulla svendita dell’Italia». Protagonisti del libro: la stagione delle privatizzazioni individuata come l’origine del declino italiano e il ministro dell’Industria e delle Partecipazioni Statali del governo Amato, Giuseppe Guarino che apre il suo sconfinato archivio e fa rivelazioni inedite. .
Polimeno, dopo l’euro, le privatizzazioni. Per quale motivo?
«Perché sono due momenti diversi della stessa stagione. Tangentopoli produsse un effetto dirompente sul mondo politico, giusto o sbagliato che fosse. Poteri diversi si sostituirono alla politica e il Paese si ritrovò senza una guida. Le privatizzazioni, come l’ingresso nell’euro, avvengono in questa stagione».
In tempi di sovranismo quindi vuole ragionare sulla stagione in cui iniziò la perdita della nostra sovranità?
«Sì, anche se non fa bene neppure al sovranismo pensare che partecipare ad organizzazioni internazionali e condividere responsabilità sia necessariamente un male. Il problema è quando si cedono quote di sovranità per svendere la propria patria, quando, diversamente da quanto avvenuto in Francia o in Germania, si finisce per indebolire le strutture nazionali per realizzare operazioni in perdita, con la rappresentanza politica che viene meno ai propri doveri».
Lei ha avuto modo di conoscere in profondità il professor Guarino. Che figura è?
«Guarino è una personalità singolare, un uomo di assoluta indipendenza, un grande avvocato, forse il più grande nel diritto amministrativo. Un giurista di rango, due volte ministro, con trascorsi in Banca d’Italia accanto a Guido Carli. Oroprio Carli nelle sue relazioni annuali citava soltanto due figure: il prof. Caffè e lo stesso Guarino. Guarino che oggi ha 96 anni ha insegnato a Napolitano e Draghi e anche per carattere è sempre stato una sorta di scheggia fuori dal controllo del sistema anche per il fatto di avere una sua autonomia finanziaria al di là della politica».
Quale fu il suo ruolo nella grande partita delle privatizzazioni?
«Fu una figura chiave di una stagione che ebbe nel famoso incontro sul panfilo Britannia la sua vicenda simbolo. Guarino è la prima figura che ha partecipato da protagonista alle dismissioni a raccontare quanto accaduto. Nel ’92 è ministro delle Partecipazioni Statali nel governo Amato, è favorevole alla vendita delle aziende di Stato e alla fine dello Stato gestore anche per ripianare i nostri conti disastrati. Intende, però, venderle al meglio. Il suo piano viene approvato da tutti dal governo come dalla banca d’Italia con Ciampi governatore, ottiene insomma un via libera incondizionato.
Il suo incarico, però, gli viene revocato improvvisamente.
«Sì, dopo poco iniziano le pressioni e il clima nel governo cambia completamente. A Guarino vengono tolte le deleghe. A quel punto inizia una sorta di spy story, con Guarino che viene portato addirittura davanti al Tribunale dei ministri per poi essere completamente scagionato. Da quella partita, però, ormai è stato escluso. Inizia la vendita delle aziende di Stato, vendita che in alcuni casi si trasforma in una svendita come per la Stet, azienda leader nei mercati internazionali delle telecomunicazioni: una vera e propria gallina dalle uova d’oro che viene venduta dallo Stato a 10 e poi rivenduta a 10, 50, 100 volte di più».
Lei nel libro racconta anche di una trattativa segreta per la creazione di un governo che potesse fare una grande riforma istituzionale.
«Alla fine del primo governo Berlusconi, Guarino vive con sofferenza la perdita della nostra sovranità e lui che non era mai stato tesserato alla Dc si convince che sia necessario dotare l’Italia di una grande partito erede della Dc, un partito cattolico-liberale di massa. Tesse allora una tela che va dal Quirinale a Palazzo Chigi, coinvolge Scalfaro, Dini, Berlusconi, Letta e D’Alema. Lavora per riscrivere la Costituzione.
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