Milano Sudamericano, abito scuro, aspetto più che dignitoso, sorriso accattivante e perbene. Per chi non ci avesse ancora fatto caso l'identikit del «mostro», dello stupratore di turno, assomiglia sempre più a quello di un tipo qualunque. Un commesso viaggiatore, il vicino elegante, il capoufficio intransigente, il gioielliere sotto casa. O, perché no, il tassista di turno, come svela il quotidiano La Repubblica che ieri ha pubblicato in esclusiva i dettagli dell'ennesimo caso di stupro avvenuto a Milano, poco dopo le 6 del mattino, una settimana fa. Quello di una 30enne canadese, abusata da un bell'uomo distinto e sufficientemente azzimato per potersi spacciare come autista dipendente di una nota ditta di noleggio auto con conducente. Un tizio con in testa un piano ignobile ma preciso, senza sbavature. Che contando sulla totale inesperienza della giovane signora per la pianta urbana del capoluogo lombardo non l'ha condotta, come lei aveva chiesto, da viale Monza (zona Gorla) alla stazione dei bus extraurbani di Lampugnano, cioè dall'altro capo di Milano, bensì non lontano da lì ma in un luogo altrettanto isolato, i campi oltre Crescenzago. Una volta fermatosi e sceso dalla vettura «a quattro porte» come la descriverà più tardi la poveretta agli investigatori, il falso tassista (o era vero?) porta a termine la sua squallida messinscena. Quindi va ad aprirle lo sportello, la trascina fuori e, senza troppi complimenti, la violenta. Prima di andarsene, infine, cerca di rapinarle la borsetta. A quel punto però la donna riesce a divincolarsi e a urlare. Spaventato, l'aguzzino fugge, abbandonandola lì, in mezzo all'erba e agli abiti stracciati, come un rifiuto, tremante e in lacrime. Ancora in grado però di afferrare il cellulare dentro la borsetta e chiamare i soccorsi.
Tutto accade domenica 17 settembre. E fino a ieri non si è saputo nulla del fatto e, naturalmente, della conseguente vista alla clinica ginecologica «Mangiagalli» dove le professioniste dell'Svsd (Soccorso violenza sessuale e domestica) non hanno potuto che confermare l'abuso subito dalla signora canadese. Donna solida. Che il giorno successivo allo stupro trova forza e lucidità sufficienti da condurre i militari dell'Arma in viale Monza, dove è partita la sua corsa «infernale», ripercorrendo insieme agli investigatori la strada fino a Crescenzago. Costretta all'improvviso a tornarsene in clinica prostrata da un comprensibilissimo crollo emotivo.
Oggi sono esattamente sette giorni dalla violenza. Gli abiti della vittima (ripartita per Ottawa tre giorni fa) vengono analizzati nei laboratori del Ris di Parma alla ricerca di una traccia biologica da poter confrontare con la banca dati, l'analisi dei filmati delle telecamere sul percorso mirano a individuare l'auto dell'autista aggressore e negli archivi si cercano dettagli che combacino con l'identikit fornito dalla canadese. Per il momento, però, gli investigatori sospettano solo che lo stupratore possa avere già violentato altre donne usando la stessa tecnica, senza essere denunciato. Altri elementi da condurre a una svolta nell'inchiesta, per il momento, non ce ne sono. E chissà se ce ne saranno mai.
Intanto cresce la scioccante lista degli stupri: quelle di domenica 17 settembre è il terzo caso di violenza sessuale a Milano nel giro di meno di un mese. Mercoledì una ragazza di 26 anni è stata aggredita da un romeno vicino alla stazione del metrò «Romolo» e, solo grazie alla sua prontezza di spirito e a quella di altri passanti, è riuscita a scappare. Tre settimane fa una donna di 81 anni era stata violentata al Parco Nord da un giovane, forse magrebino.
Senza contare tutte le denunce di stupro che le forze dell'ordine sostengono di non voler divulgare, evidentemente non sempre con successo, per non offrire vantaggi ai responsabili e per non creare allarmismi. Tuttavia, media o non media, l'allarme c'è. Chi vuol negarlo si faccia avanti.PaFu
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