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Altri 3mila casi e 650 ricoveri: così lo "Scenario 4" si avvicina

Il lockdown parziale o totale scatta in base all'aumento dei contagi giornalieri, Rt e rianimazioni: ecco quanto manca

Altri 3mila casi e 650 ricoveri: così lo "Scenario 4" si avvicina

Il lockdown, parziale o totale, non è solo una decisione politica. Scatta sulla base di parametri fissati dal comitato tecnico scientifico. E purtroppo anche i numeri dicono che ci stiamo avvicinano violentemente allo scenario 4, quello della serrata. Punto numero uno: l'indice Rt, che ci segnala la portata del contagio e la capacità di replicarsi dell'infezione. Non dovrebbe superare la soglia dell'uno, ma in Italia è già a 1,5 e in Lombardia ha superato la soglia dell'1,6. La massima allerta scatterà con l'Rt a 2, ma se l'indice arriverà a tanto vorrà dire che la situazione sarà totalmente fuori controllo e i contagi raddoppieranno di giorno in giorno. Ad oggi raddoppiano nell'arco di una settimana.

Altro parametro: i letti occupati in terapia intensiva, ad oggi 1.651. Lo stato di allerta scatta con 2.300 posti pieni. Ci siamo. In particolar modo in Lombardia, dove i pazienti in rianimazione sono 345, arriva oltre la soglia degli 800 malati gravi. «In base ai dati in nostro possesso - tranquillizza il commissario straordinario all'emergenza Domenico Arcuri - la percentuale dei pazienti in terapia intensiva rispetto ai posti letto attivati è pari al 22% che scende al 18% attivando tutte le postazioni attivabili». Ma a questo secondo giro di pandemia le terapie intensive non sono l'unico parametro da tenere sotto controllo: i ricoveri si stanno concentrando soprattutto nei reparti di pneumologia e medicina interna e stanno crescendo con una velocità che rende inevitabili le decisioni più drastiche. Oggi i casi di positività sono 26.800, l'sos scatta fa 30mila e i 60mila.

Il Cts della Lombardia sostiene sia necessaria la chiusura «a costo di prendere decisioni impopolari»: i pronto soccorso sono del tutto intasati nelle zone più critiche e ovviamente il loro stato di sofferenza si spalma all'interno degli ospedali nei giorni successivi. «Ogni giorno di ritardo nelle decisioni ha un impatto molto alto» sostengono i tecnici. Il direttore di Malattie infettive del Sacco, Massimo Galli, sostiene che siamo destinati a seguire le orme della Francia perchè «la situazione è al collasso». Il virologo Andrea Crisanti sostiene che il lockdown doveva essere attivato 10 giorni fa. Più cauto Giuseppe Remuzzi, direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri: «Abbiamo aumentato i numeri dei letti, si può fare moltissimo, il lockdown non è la soluzione».

Anche secondo il virologo Carlo Federico Perno, direttore di microbiologia all'ospedale Bambin Gesù, il lockdown non è l'unica soluzione. «Basterebbe seguire le regole che da mesi ripetiamo. Se tutti avessimo rispettato le distanze e indossato le mascherine, il problema non esisterebbe. Avevamo in mano tutte le armi per combattere l'epidemia. Ma non c'è sta attenzione nel rispetto delle regole e un numero limitato di persone ha diffuso l'infezione».

«Se i numeri dovessero salire velocemente - spiega il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri - ci saranno misure più restrittive, che non significa lockdown generalizzato. Ci saranno delle aree dove la situazione è più complicata di altre per quanto riguarda il sovraccarico degli ospedali. In quei casi si possono fare dei lockdown mirati, più o meno circoscritti a seconda di quanto il virus corre e di quanto il sistema è fragile».

Le ipotesi al vaglio dei tecnici e del Governo sono due: o introdurre

le restrizioni gradualmente e per zone quando saremo fra i 30mila e i 60mila casi al giorno. O giocarsi tutte le restrizioni in un solo colpo dopo aver osservato le curve di crescita dell'epidemia per una decina di giorni.

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