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Altro che 40 per cento: il premier in Aula ora è appeso a un filo

Maggioranza in allarme dopo l'ok al Def passato per un voto. Numeri risicati soprattutto per le leggi in cui è richiesto il quorum

Altro che 40 per cento: il premier in Aula ora è appeso a un filo

«Ancora una fiducia al Senato. Non sono giorni di lavoro parlamentare esaltante, neppure per noi senatori del Pd», twittava ieri sconsolato Salvatore Margiotta, alla vigilia del voto sul decreto stadi (164 i «sì», 109 i «no»).

È la venticinquesima fiducia da febbraio ad oggi, e d'altronde a Palazzo Madama non si può che andare avanti così: i numeri sono talmente fragili che o i senatori sanno di giocarsi l'osso del collo (e soprattutto lo scranno) oppure si rischia ogni volta il flop. O peggio, come è accaduto martedì sera sulla nota di variazione al Def che autorizza il rinvio del pareggio di bilancio, un voto che richiedeva il quorum obbligatorio della metà dei componenti. «Fosse stato un voto di fiducia, l'avremmo superato brillantemente visto che è finita 161 a 98. Ma per colpa di quel quorum rischiava di saltare non il governo ma l'Italia, e l'Europa con lei», dice col sollievo di chi l'ha scampata bella il senatore renziano Giorgio Tonini. «Se non fosse passato il rinvio del pareggio di bilancio crollava tutta la manovra del governo, che si gioca sul margine tra il 2,2 e il 2,9%: facile immaginare cosa sarebbe successo oggi sullo spread e sui mercati, sarebbe stato molto peggio dell'effetto Grecia. E tutto perché un nostro senatore era a fare le primarie in Sardegna e un altro si è confuso a votare...». Già, perché dietro quel voto così drammatico, assicurano a Palazzo Madama, non c'è stata nessuna manovra frondista o trappola politica, come dimostra il voto compatto di tutto il Pd, «dissidenti» inclusi: «Solo qualche ingenuità di singoli senatori che non si erano resi conto del problema - dice un altro parlamentare Pd, «una certa incuria dei vertici dei gruppi e alcuni pasticcioni o menefreghisti tipo Peppe Lumia, che se ne era andato per i fatti suoi e non rispondeva neppure al cellulare». Recuperato in extremis e scaraventato in Aula a votare prima che tutto saltasse. O tipo il senatore Langella, appena transitato da Gal ad Ncd, quindi da opposizione a maggioranza, che però non ha realizzato che le cose erano cambiate e che doveva votare sì anziché no. Quattro erano gli assenti già computati dalla maggioranza: Casini (in Svizzera), Mauro (in Kurdistan), Ichino (bloccato da problemi familiari) e Turano, eletto all'estero per il Pd, che stava a casa sua. Ossia negli Stati Uniti (ennesima conferma della demenzialità della legge che consente di eleggere nel Parlamento italiano gente che abita oltreoceano). Un altro senatore Pd, Ignazio Angioni, è uno dei candidati alle primarie per le Regionali in Sardegna, ed era nell'isola a fare campagna elettorale. Alla fine, il capro espiatorio di tutto questo pasticcio è stato il povero senatore ex grillino Orellana, cui era stato assicurato che il suo voto non sarebbe stato decisivo, e che invece si è trovato esposto al linciaggio e alle violenze (per ora solo verbali) dei suoi ex amici.

Nessuno, tra i senatori della maggioranza ma anche dell'opposizione, vuole davvero far cadere il governo ed andare al voto. «Numericamente, siamo nelle stesse condizioni del governo Prodi - dice Tonini - ma politicamente è diverso: lui aveva contro un Berlusconi molto forte e con una coalizione monolitica, noi un'opposizione frastagliata e molto confusa. Ma la buccia di banana è sempre in agguato». Lo shopping di Forza Italia nelle file Ncd è destinato a continuare, e potrebbe far fibrillare nuovamente il governo: a Palazzo Madama si danno per quasi incamerati Azzollini e Caridi.

Mentre il flusso opposto degli ex grillini verso la maggioranza (cinque o sei voti che sarebbero una vera boccata d'ossigeno) si è bloccato: per terrorizzare gli altri potenziali migranti (cinque o sei voti che sarebbero una manna per la maggioranza), gli adepti di Grillo e Casaleggio stanno alzando i toni e incitando la base contro i reprobi, e uno di loro confida: «Abbiamo paura fisica».

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