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Altro sangue in Irak: "Via questo governo"

Assalto ai palazzi del potere, sparati lacrimogeni e proiettili di gomma

Altro sangue in Irak: "Via questo governo"

Beirut L'Irak ha vissuto una nuova giornata di sangue. Centinaia di manifestanti si sono radunati nella piazza Tahrir di Baghdad e hanno cercato di entrare nella Green Zone, dove si trovano i palazzi del governo. Le forze di sicurezza hanno usato gas lacrimogeni e hanno anche sparato. I morti sono almeno tre nella capitale e sei in tutto il Paese. I manifestanti chiedono al governo del primo ministro Adel Abdul Mahdi di rassegnare le dimissioni per corruzione, disoccupazione di massa e servizi pubblici inesistenti.

Dopo la terribile giornata di venerdì, 42 morti e oltre 100 feriti, gli scontri sono quindi continuati, anche se con intensità minore. L'Osservatorio iracheno per i diritti umani ha confermato che alcuni dimostranti sono stati uccisi da spari di gas lacrimogeni e proiettili di gomma da distanza ravvicinata da parte della polizia. La maggior parte delle vittime sono state uccise mentre cercavano di assaltare gli uffici del governo.

Già nella prima settimana di ottobre ci sono state massicce manifestazioni, brutalmente represse dalle forze di sicurezza, provocando la morte di 149 persone e 8 membri del personale di sicurezza. La maggior parte dei manifestanti è giovane e disoccupata. «Non abbiamo fame, vogliamo dignità», gridano per le strade. La stragrande parte sono sciiti del Sud e hanno invitato il governo a guida sciita a rivedere anche il sistema politico settario, secondo cui il potere è spartito in base alle differenti religioni ed etnie. Mahdi ha assicurato un rimpasto di governo e riforme per andare incontro alle richieste dei manifestanti. Ma quasi tutti rimangono scettici.

Il rischio è una spirale infinita di violenze. Un rapporto dello stesso governo denuncia che «ufficiali e comandanti hanno perso il controllo delle loro forze durante le proteste» e questo «ha causato il caos». La gente in piazza considera l'élite politica asservita o agli Stati Uniti o all'Iran, i due principali alleati del Paese. Queste potenze per i manifestanti sono più preoccupate di esercitare la loro influenza che pensare ai bisogni di base degli iracheni. «Proprio ieri abbiamo perso più di 30 uomini. Abbiamo bisogno di un Paese sicuro - ha detto un manifestante - Vogliamo avere una vita. Non si tratta di lavoro o denaro, ma di avere un Paese che meritiamo.

Abbiamo un grande Paese, ma non un grande governo». CCla

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