Roma Uno scambio di «prigionieri». Lee Elder Finnegan e Gabriel Christian Natale Hjorth, al posto di Chico Forti. Oppure Jerelle Lamarcus Gray, 22 anni, e Darius Montre McCullough, 21 anni, accusati di violenza sessuale di gruppo, sempre in cambio del velista vicentino. L'ipotesi che, dopo il processo e l'eventuale condanna, i due studenti americani accusati di aver ucciso in concorso il vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega potrebbero scontare la pena negli Stati Uniti sarebbe già sul tavolo delle due ambasciate. Del resto non è la prima volta che il governo di Washington sostiene che la giustizia italiana è fin troppo superficiale ed eccessivamente permissiva con i detenuti. Tanto da non aver mai ceduto alle richieste di estradizione, e carcerazione in Italia, di Forti. «I due americani potrebbero scontare la pena eventuale in un penitenziario statunitense - spiega l'avvocato Giuliano Valer, vicepresidente della Camera penale di Trento -, viceversa Forti si farebbe l'ergastolo in una nostra prigione anziché nell'istituto di massima sicurezza, il Dade Correctional, in Florida». Forti, campione italiano di vela, sei campionati del mondo di windsurf (con Robby Naish alle Hawaii inventa il looping con la tavola), produttore televisivo, viene arrestato e condannato per omicidio in soli 24 giorni. L'uomo, che sconta il «fine pena mai» dal 2000, si è sempre dichiarato vittima di un errore giudiziario tanto che da anni si è formato un movimento di opinione che chiede la revisione del processo. Ma gli americani non hanno mai accennato ad aperture. Una storia paradossale. Sposato con un'americana, Heather Crane con la quale ha tre figli, Enrico «Chico» Forti nel 1998 decide di acquistare un Hotel a Ibiza. Durante la trattativa con il proprietario, Anthony Pike, il figlio Dale viene trovato morto, assassinato, sulla spiaggia. Per gli americani è lui l'autore: un omicidio maturato nell'ambito di un altro reato, la truffa (un felony murder), secondo i magistrati stelle e strisce. Inutili i ricorsi presentati dal suo legale, il pm accusatore di Alì Agca, Ferdinando Imposimato. Il suo avvocato newyorkese, Joe Tacopina, sta ancora cercando prove sconosciute all'epoca del dibattimento. Forti potrebbe non essere l'unico «mezzo» di scambio. A Vicenza, sei mesi fa, una festa fra militari della base Veneta Del Din, carne alla griglia e alcol a fiumi, finisce male per una giovane 22enne. Accusato di stupro è il sergente statunitense Tyrekie Meyer, 27 anni, sposato e con figli. L'uomo, congedato dall'esercito, sarebbe potuto tornare in patria da civile se il giudice non avesse disposto la custodia cautelare in carcere. L'ipotesi di un accordo internazionale per far trascorrere anni di galera ai rispettivi cittadini, americani e italiani, non sarebbe per il momento presa in considerazione dai legali di Lee Elder Finnegan, ancora incerti se fare istanza al Tribunale del Riesame, come già fatto per Gabriel Christian Natale. «Il processo ci sarà, questa è una certezza», spiega uno dei due legali di Finnegan, l'avvocato torinese Roberto Capra. «Sulla condanna è tutto da vedere. A dibattimento bisognerà chiarire molte cose».
A fare leva sull'ipotesi che i due giovani americani possano tornarsene a casa, il fatto della benda. Ovvero il «trattamento» riservato a uno dei due fermati, Gabriel Natale Hjorth, nella caserma del nucleo operativo di via In Selci prima dell'interrogatorio. Gli Stati Uniti ora temono per i loro connazionali.
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