Un putiferio è dir poco. Le parole del pm di Genova Enrico Zucca continuano a scatenare reazioni a tutti i livelli. Il magistrato, fra i giudici del processo per la scuola Diaz, durante un convegno di diritto internazionale, a cui partecipavano anche i genitori di Giulio Regeni, non aveva fatto mistero delle sue opinioni sull'operato delle forze dell'ordine italiane. «I nostri torturatori sono ai vertici della polizia», aveva dichiarato senza mezzi termini. Nel suo discorso aveva affrontato il tema della morte di Regeni, il ricercatore friulano assassinato in Egitto nel 2016, il ruolo delle forze di sicurezza egiziane e il pantano in cui sono finite le indagini al Cairo.
Secondo Zucca l'11 settembre 2001 e il G8 di Genova «hanno segnato una rottura nella tutela dei diritti internazionali. Lo sforzo che chiediamo a un paese dittatoriale è uno sforzo che abbiamo dimostrato di non saper fare. I nostri torturatori, o meglio chi ha coperto i torturatori, come dicono le sentenze della Corte di Strasburgo, sono ai vertici della Polizia. Come possiamo chiedere all'Egitto di consegnarci i suoi torturatori?».
Parole pesanti, che generalizzano, come se le illegalità di alcuni trasformassero in fuorilegge tutti i poliziotti italiani. Dura, perciò, la replica del capo della Polizia, Franco Gabrielli, il quale ha definito «oltraggiose» le parole del magistrato genovese. «Noi facciamo i conti con la nostra storia ogni giorno - ha sottolineato -. Noi sappiamo riconoscere i nostri errori. Noi, al contrario di altri, sappiamo pesare i comportamenti. Ma, al contrario di altri, ogni giorno i nostri uomini e le nostre donne su tutto il territorio nazionale garantiscono la serenità, la sicurezza e la tranquillità. E in nome di chi ha dato il sangue, di chi ha dato la vita, chiediamo rispetto. Gli arditi parallelismi e le infamanti accuse - ha sentenziato Gabrielli - qualificano soltanto chi li proferisce».
Anche i vertici della magistratura hanno preso le distanze. Il vice presidente del Csm, Giovanni Legnini, ha detto che quella della toga genovese «è stata una dichiarazione impegnativa con qualche parola inappropriata». Legnini, nel corso dell'apertura del plenum del Csm, ha espresso «piena fiducia e sostegno ai vertici delle forze di polizia per l'opera insostituibile nella sicurezza nazionale». Il vice presidente del Csm ha anche rilevato che con quelle le dichiarazioni il magistrato «è intervenuto, facendo riferimento a un procedimento di cui si è occupato con impegno e professionalità, su un altro procedimento molto delicato, che vede anche la gestione di rapporti internazionali, della Procura di Roma, esprimendo giudizi sulle forze di polizia, facendo riferimento a quelle vicende processuali». Insomma, per Legnini, Zucca ha espresso «un giudizio inappropriato sulla polizia». Il magistrato genovese ha cercato poi di correggere il tiro. «La frase riportata è imprecisa, estrapolata da un contesto più ampio», ha precisato. «La rimozione di un funzionario condannato è un obbligo convenzionale non una scelta politica», ha aggiunto riferendosi a Gilberto Caldarozzi, condannato per la Diaz e oggi vice direttore della Dia. E ha spiegato il senso del suo discorso: «Il governo deve spiegare perché ha tenuto ai vertici operativi dei condannati. Noi violiamo le convenzioni, quindi è difficile farle rispettare ai paesi non democratici». In sua difesa accorrono Area e Magistratura democratica: per Md le parole di Zucca «non sono oltraggiose per le forze dell'ordine».
Ma nel frattempo il pg della Cassazione, che assieme al Guardasigilli è titolare dell'azione disciplinare, ha avviato accertamenti preliminari per quelle dichiarazioni, disponendo l'acquisizione degli atti relativi alle parole di Zucca.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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