Roma - Sergio Mattarella era l'alfiere del partito trasversale del non voto, quello che frenava l'urgenza di andare alle urne di Matteo Renzi e difendeva il governo Gentiloni, raccomandando di lasciarlo arrivare a fine legislatura.
Ma ora la proposta di Silvio Berlusconi al leader Pd, per un patto sulla legge elettorale che consenta il rinnovo del parlamento in autunno, per l'inquilino del Colle risulta un po' spiazzante. Perché quello che il presidente della Repubblica ha sempre detto è che servono al più presto nuove regole per il voto, quanto più possibile condivise e armoniche tra le due Camere. Pare, anzi, che di fronte all'immobilismo del parlamento stia pensando di giocarsi l'ultima carta di un messaggio in questo senso al parlamento. Se, dunque, Renzi accettasse la proposta berlusconiana sul modello proporzionale tedesco, dal Colle sarebbe difficile sollevare obiezioni.
Anche perché delle modifiche al cosiddetto Rosatellum dei dem, per smorzarne la metà maggioritaria, potrebbero costringere anche il M5s a non mettersi di traverso. Non hanno forse detto Beppe Grillo e i suoi, come d'altronde il leader leghista Matteo Salvini, di essere pronti al voto comunque e subito?
Insomma, se si trovasse una maggioranza e la legge si riuscisse a fare, il Quirinale potrebbe usare la sua moral suasion per prendere tempo e allungare ancora un po' la vita del premier Gentiloni, ma di fronte ad un'alleanza Pd-Fi per il voto anticipato non potrebbe opporsi.
Certo, c'è la legge di Stabilità che preoccupa Mattarella, anche per le ripercussioni sui rapporti con l'Ue e sul braccio di ferro per strappare una maggiore flessibilità. Entro metà ottobre dovrebbe essere pronta, ma in caso di elezioni anticipate in autunno e calcolati i tempi per varare un nuovo esecutivo, la sua approvazione slitterebbe da dicembre in primavera. E scatterebbe l'esercizio provvisorio, il provvedimento che, per 4 mesi al massimo, vincola il governo a gestire solo mese per mese l'ordinaria amministrazione, con poteri ridottissimi in termini di spesa e investimenti.
Sarebbe una riproposizione del quadro prospettatosi a dicembre scorso, dopo la vittoria del No al referendum e le dimissioni di Renzi, quando fu evitato per un soffio il congelamento dell'attività economica dell'esecutivo.
Per ora al Quirinale si sta alla finestra e si osserva, per capire come Renzi reagirà alla mano tesa del leader di Fi, al di là della generica disponibilità a trattare. A metà maggio il segretario del Pd, appena rafforzato dalle primarie, ha detto di «affidarsi» a Mattarella e a Gentiloni, per la decisione sul voto, ma ora tutto può cambiare. Come ai tempi di Letta.
Il capo dello Stato,
che è anche tutore dell'immagine nazionale, deve anche valutare, al di là dell'appoggio a Gentiloni, se per contare davvero a Bruxelles non sia meglio sedersi al tavolo con un governo nuovo e forte che con uno in scadenza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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