Orfano dei programmi televisivi in cui ama andare ospite, fermi per l'estate ma pronti a corteggiarlo per la nuova stagione, ad Alessandro Orsini non resta che il Fatto quotidiano, dal quale offre quell'"appoggio esterno" tanto menzionato nelle ultime settimane al M5s. Il professore della Luiss, le cui dichiarazioni pro-Russia in merito alla guerra in Ucraina hanno creato sconcerto, nel numero in edicola del quotidiano diretto da Marco Travaglio si è lanciato in una filippica in favore del reddito di cittadinanza, giusto in tempo per lanciare la campagna elettorale di quel che resta del Movimento 5 stelle dove si dice che Orsini voglia entrare per guadagnarsi un posto in parlamento. Di sicuro, con la sua difesa d'ufficio a una delle principali bandiere del partito di Conte "l'illuminato", come l'ha definito in tv, parte avvantaggiato. Eppure, a leggere i numeri e i fatti a cui tanto si appella Orsini in altre discussioni, la sua difesa non regge.
La difesa di Orsini al reddito di cittadinanza
Al di là dei soliti paroloni e degli esercizi di stile a cui ci ha abituati, Alessandro Orsini è salito ancora una volta in cattedra per spiegare che chi vuole cancellare il reddito di cittadinanza è cattivo e che "i partiti italiani che difendono gli interessi di coloro che vivono al di sopra della soglia di povertà sono assai più numerosi di quelli che difendono gli interessi di chi vive al di sotto. Nessuno si stupisca, dunque, se è soltanto un partito ad avere indicato la propria linea rossa nella difesa del reddito di cittadinanza". Tradotto: i buoni sono solo nel M5s.
Alessandro Orsini nella sua arringa non menziona mai i costi del reddito di cittadinanza, li evita accuratamente, ma attacca spiegando che "chi propone di aiutare i poveri indirettamente, chiedendo di attendere il rilancio dell'economia, bluffa, sia perché l'economia italiana non può essere rilanciata talmente in alto da far emergere 5,6 milioni di individui dalla povertà assoluta, sia perché un'eventuale ripresa non beneficerebbe i poveri assoluti nella loro interezza per i limiti strutturali".
I costi reali della misura
Quindi, puntare alla ripresa del Paese che può potenzialmente aiutare molti con la creazione di posti di lavoro è sbagliato ma è giusto finanziare pochi, tra i quali anche chi preferisce non lavorare e godere del sussidio indiscriminato e finanziare un sistema che, per come è stato strutturato, non sembra avere importanti margini di miglioramento. Basandosi sui numeri forniti da uno studio della Cgia di Mestre sui costi per lo Stato del reddito di cittadinanza, riportato da Qui finanza, emerge che "ogni posto di lavoro 'creato' con il reddito di Cittadinanza (RdC) è costato allo Stato almeno 52 mila euro". Una cifra che dalla Cgia di Mestre stimano sia "oltre il doppio di quanto spende annualmente un imprenditore privato per un operaio a tempo indeterminato full time che, mediamente, costa attorno ai 25 mila euro". E sempre la Cgia di Mestre ha indicato in poco più di 150mila le persone che, a fronte di circa 3.5 milioni di percettori di reddito, hanno trovato un impiego. Viene inoltre sottolineato dall'Anpal che, tra tutti i percettori, solo 1.5 di loro ha firmato il patto per il lavoro, rendendosi disponibili a un impego, sono stati poco più di un milione.
Considerando che ipoteticamente ogni percettore abbia ricevuto il sussidio per un anno prima di entrare nel mondo del lavoro, percependo mediamente 7 mila euro, per i 152mila occupati l'Inps ha
speso circa 7.9 miliardi di euro, ossia mediamente 52mila euro per ognuno che ha trovato lavoro. È evidente lo sproposito, in considerazione della frazione minoritaria di percettori che ha trovato un lavoro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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