Anche il Pd blocca il decreto Aiuti

Andrea Orlando si appella a Giorgetti per far passare i suoi emendamenti anti delocalizzazioni

Anche il Pd blocca il decreto Aiuti

Il Decreto Aiuti da 18 miliardi è fermo al Senato e rischia di scadere bloccato da una serie di emendamenti che il Governo ha chiesto di ritirare.

Il Partito Democratico accusa i 5 stelle di fare ostruzionismo per mance elettorali, eppure non è esente dall'insistere nel cercare di far passare i propri emendamenti. Con la solita doppia morale: se lo fanno i dem va bene, è giusto, e democratico, se lo fanno gli altri è un "attacco alle istituzioni".

La cosa surreale è che mentre il Governo chiede a tutti i partiti di ritirare gli emendamenti, così come avevano tutti promesso durante il varo del decreto, a insistere per approvare quelli del Pd è proprio Andrea Orlando, che del Governo fa parte. E che si appella persino al collega Giorgetti per metterci la firma.

Ancora più incredibile è che l’emendamento in questione voluto da Orlando, e presentato dal Pd a prima firma Misiani, è proprio contro una legge presentata dallo stesso Orlando non più di 8 mesi fa. Parliamo della cosiddetta legge anti delocalizzazioni, inserita poi nella legge di Bilancio del 2021, che la prima e unica volta che è stata utilizzata si è dimostrata un fallimento. Si tratta del caso Wärtsilä, fabbrica che produce motori diesel 4 tempi per le grandi navi a Trieste, che a luglio ha annunciato una ristrutturazione aziendale che comporta il licenziamento di 451 lavoratori in Italia.

La società finlandese, come dichiarato durante il tavolo al Mise non solo dal ceo Hakan Agnevall, ma anche dal capo struttura del ministero il dottor Annibaletti, ha perfettamente rispettato la legge del 2021: “L'azienda è pienamente impegnata nella predisposizione del piano di mitigazione che verrà inviato ai sindacati e alle istituzioni, nei termini e in linea con quanto previsto dalla legislazione italiana - da detto il ceo durante il tavolo -. La redazione del piano di mitigazione non è solo previsto dalla legge, che l'azienda ha sempre rispettato, ma è la volontà dell'azienda di individuare possibili soluzioni a supporto dei propri lavoratori e della comunità”.

Annibaletti ha aggiunto che “questa è la prima volta che viene applicata la legge del 2021”. Un successone! Per questo Orlando intende modificarla. Come al solito nell’ultima finestra utile, ad hoc per questo caso, e in piena campagna elettorale. L’emendamento Misiani allunga i tempi di comunicazione del piano di chiusura e quindi della procedura di licenziamento (raddoppiandoli da 90 a 180 giorni) e si inaspriscono le sanzioni a carico dell'azienda inadempiente. Con Orlando e Misiani anche Debora Serracchiani, che se da capogruppo alla Camera accusa i 5 stelle di fare ostruzionismo sul decreto Aiuti, da candidata a Trieste fa campagna elettorale su Wärtsilä.

Serracchiani, essendo appunto candidata a Trieste, si spinge addirittura oltre: “La reindustrializzazione del sito produttivo può essere accompagnata da soggetti pubblici italiani e un interlocutore potrebbe essere il Consorzio di Sviluppo Economico Locale dell'Area Giuliana (Coselag) a cui si potrebbero dare risorse affinché, acquistato il capannone, si possa progettare un affitto d'azienda".

Le solite promesse di reindustrializzazione, che in Italia non si verifica mai. Come ha dimostrato la vertenza storica di Whirlpool a Napoli dove, dopo anni di promesse prima di Luigi Di Maio poi di Andrea Orlando, alla fine l’azienda ha chiuso i battenti senza alcuna reindustrializzazione e il licenziamento di tutti i dipendenti.

Altrettanto è accaduto proprio in questi giorni a Mottola, in provincia di Taranto, dove Giuseppe Conte con il suo vice Mario Turco e il viceministro del Mise Alessandra Todde, erano andati in campagna elettorale a dire che avevano trovato un’azienda che subentrasse riassorbendo tutti i dipendenti, e che poi puntualmente è sparita.

E mentre Orlando e il Pd rischiano di far scadere il dl Aiuti, Fincantieri ha interrotto le collaborazioni strategiche per l'innovazione di prodotto su motori green con la Wartsila, “non ritenendo di poter continuare la partnership con il gruppo finlandese”.

L’azienda svedese invece fa sapere che nello stabilimento triestino "il Gruppo sta valutando la possibilità di futuri investimenti legati allo sviluppo di tecnologie per carburanti sostenibili". La società ha spiegato che la decisione è stata presa per rafforzare "la competitività e creare una struttura in grado di garantire una crescita futura", con la consapevolezza dell’impatto che ci sarà sulle persone e sulle loro famiglie. La nuova organizzazione non avrà impatto sul portafoglio motori di Wärtsilä e "la supply chain rimarrà in gran parte immutata, compresi i fornitori italiani". Nel sito triestino il gruppo si concentrerà su Ricerca&Sviluppo, vendita, assistenza e formazione, project management, sourcing.

L’azienda ha dichiatato che sono impegnati “a costruire un piano di reindustrializzazione e speriamo che riusciremo a raggiungere un accordo in merito al piano di mitigazione. Questo darà a tutti il tempo e la possibilità di trovare una soluzione". Per Wartsila, ha ribadito il ceo Hakan, "l'Italia e Trieste rimarranno importanti anche nei prossimi anni con le attività di ricerca e sviluppo, vendita, project management, sourcing, assistenza e formazione.

Tutte queste attività impiegano più di 500 persone a Trieste”.

Sempre che Orlando con la sua "intifada" per spezzare le reni ai finlandesi, non riesca a far licenziare anche quelli, o, come più gli viene meglio, a metterli in cassa integrazione.

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