Economia

Anche Piazza Affari finisce il suo lockdown. E con le vendite allo scoperto l'indice fa -2%

L'ad di Banco Bpm Castagna critico: "Provvedimento non necessario"

Anche Piazza Affari finisce il suo lockdown. E con le vendite allo scoperto l'indice fa -2%

Ieri è stata riaperta anche Piazza Affari dopo un lockdown di due mesi in cui la Consob aveva vietato le vendite allo scoperto. E i risultati non sono stati dei più entusiasmanti: Milano ha chiuso in calo del 2,1% con alcuni titoli che hanno letteralmente tracollato e i volumi che invece hanno innescato l'acceleratore (il controvalore degli scambi di ieri si è attestato a 2,78 miliardi rispetto agli 1,72 di lunedì). Solo sul Ftse Mib, l'indice di riferimento delle maggiori blue chip di Piazza Affari, Tenaris ha perso l'8,9%, Telecom Italia l'8,6%, Recordati l'8%, Banco Bpm il 7,3%, Campari il 6,1% e Pirelli il 5,8 per cento.

«Il motivo per cui oggi i titoli bancari scendono è chiaro: hanno riaperto la possibilità di shortare (ossia vendere titoli presi in prestito lucrando sul loro riacquisto a prezzi inferiori)», ha dichiarato Giuseppe Castagna, ad di Banco Bpm per poi aggiungere: «Rispetto tutte le decisioni, ma è ovvio che nel bel mezzo della prima settimana di riapertura in cui c'è ancora una speculazione estrema, mi interrogo sulla necessità di aver fatto tutto ciò». «La debolezza era preannunciata: eravamo già indietro rispetto agli altri mercati europei e la rimozione del divieto alle vendite allo scoperto ha scatenato forti tensioni ribassiste», ha commentato Vincenzo Longo di Ig per poi aggiungere: «Quello bancario poi è tra i settori più speculativi e facilmente aggredibili a causa dell'esposizione alla crisi e al timore di una esplosione delle sofferenze nei prossimi anni». E in effetti a cedere terreno ieri sono stati anche Bper (-5,5)%, Mps (-6%), Pop.Sondrio (-4,6%), Ubi (-3,8%), Intesa (-1,4%), Unicredit (-1,3%) e Mediobanca (-1,8%).

La sospensione delle vendite allo scoperto era stata disposta dalla Consob lo scorso 17 marzo nel timore di attacchi speculativi al listino italiano che, nel corso delle prime settimane di epidemia, aveva registrato crolli diffusi, soprattutto nel settore bancario, con volumi per oltre la metà riconducibili a vendite allo scoperto. Nel periodo in cui è rimasto in vigore lo stop Consob ha rilevato una riduzione della liquidità. Il provvedimento era stato disposto per una durata massima di tre mesi, tuttavia l'Authority guidata da Paolo Savona «alla luce della progressiva normalizzazione delle condizioni generali di mercato» ha anticipato di un mese la rimozione dello stop, pur impegnandosi a «continuare a monitorare attentamente l'andamento» di Piazza Affari pronta a procedere, qualora mutassero le condizioni, a nuovi interventi in coordinamento con l'autorità europea (Esma).

La vendita allo scoperto, o short selling, consente agli investitori di scommettere sul ribasso di un titolo vendendo azioni non possedute direttamente, ma prese in prestito da intermediari dietro il versamento di un corrispettivo. Lo speculatore cede immediatamente i titoli con l'intento di ricomprarli in futuro a un prezzo inferiore per restituirli al proprietario.

Per guadagnare sui margini (sulla differenza tra il guadagno registrato dalla vendita e il costo del riacquisto) occorre tuttavia muovere volumi importanti di titoli e questo ha determinato le forti oscillazioni del mercato registrate ieri a Milano.

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