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Anche Warren abbandona Il duello è Sanders-Biden

La senatrice progressista getta la spugna senza indicare il suo endorsement. Ma Bernie ci spera

Anche Warren abbandona Il duello è Sanders-Biden

New York Elizabeth Warren getta la spugna. La senatrice progressista del Massachusetts dopo il flop del Super Tuesday, dove non è riuscita ad aggiudicarsi neppure lo stato «di casa», ha annunciato il suo ritiro dalla corsa per la nomination democratica di Usa 2020, che da ieri è ufficialmente una battaglia a due tra Bernie Sanders e Joe Biden. «Sospendo la campagna per la presidenza. Non sarò più in gara, ma la nostra battaglia non è finita», ha spiegato in una telefonata al suo staff. E tracciando un bilancio dei mesi passati ha detto di «rifiutare l'idea che la delusione impedisca a me o a voi di vedere quello che abbiamo realizzato: non abbiamo raggiunto il nostro obiettivo, ma quello che costruito insieme ha fatto una durevole differenza, e i cambiamenti rimbalzeranno negli anni a venire». Warren però non ha ancora deciso a chi andrà il suo endorsement. Ha già parlato sia con Sanders sia con Biden, e secondo i media starebbe valutando chi dei due può sostenere meglio la sua agenda: «Ho bisogno di un po' di tempo», ha spiegato.

Tra i primi a commentare il suo abbandono c'è anche il presidente Donald Trump: «Pocahontas Warren, che non stava andando da nessuna parte, ha appena lasciato le primarie democratiche - ha scritto su Twitter - Troppo tardi. È costato al pazzo Bernie almeno Massachusetts, Minnesota e Texas. Probabilmente gli costerà la nomination». Il conteggio dei delegati dopo il Super Martedì non è ancora terminato, ma per ora l'ex vice presidente è in vantaggio con 596 contro i 531 del senatore socialista del Vermont. Biden però può contare anche sui 58 di Michael Bloomberg, i 26 di Pete Buttigieg e i 7 di Amy Klobuchar. Mentre resta da vedere a chi andranno i 65 della Warren.

Intanto, i due rivali rimasti in gara per aggiudicarsi la nomination dem guardano ai prossimi due appuntamenti fondamentali, a partire da quello di martedì, dove al voto andranno sei stati (con un bottino di 352 delegati). Tra questi il più importante e' il Michigan, che ne mette in palio 125, e il governatore Gretchen Whitmer ha annunciato ieri il suo appoggio a Biden citando i suoi trascorsi all'interno dell'amministrazione Obama e il salvataggio dell'industria dell'auto e della sua capitale mondiale, Detroit. «È il candidato di cui abbiamo bisogno per battere Donald Trump in novembre. Abbiamo bisogno di un partito unito» per sconfiggerlo, ha spiegato. Un brutto colpo per Sanders, che qui nel 2016 aveva vinto di un soffio le primarie contro Hillary Clinton e che per rimanere in corsa deve puntare sulla Rust Belt. Il 17 marzo, invece, si recheranno alle urne gli elettori di Florida, Ohio, Illinois e Arizona (con un totale di 577 delegati), mentre il 24 sarà il turno della Georgia (105). Sanders, parlando a Msnbc, ha escluso di voler usare l'opzione di una convention aperta se nessuno dei due sfidanti ottenesse la maggioranza dei delegati. «Se Biden alla fine delle primarie ne ha più di me sarà il vincitore», ha detto. Mentre il rivale moderato ha affrontato il fatto che l'ex presidente Barack Obama non gli abbia ancora dato il suo endorsement. «Sto vincendo con le mie forze, me lo sta guadagnando da solo», ha affermato a Nbc. In realtà, sono in diversi a ipotizzare che alle sue spalle ci sia la regia di Obama, che dietro le quinte ha cercato di riunire il partito sulla sua figura.

I repubblicani, intanto, sono pronti a rilanciare i loro sforzi sul caso Burisma, la società energetica ucraina nel cui board sedeva Hunter Biden mentre il padre vice presidente gestiva la politica americana nel Paese.

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