"Anch'io oggi porto la mia croce"

Il fondatore allontanato da Bose: "La coerenza sia il vostro faro"

"Anch'io oggi porto la mia croce"

La sofferenza nel dover vivere la Pasqua, per il secondo anno, facendo i conti con il dolore e la paura della pandemia, la croce che ogni uomo è chiamato a vivere ma che si supera con l'amore, il messaggio di speranza per una Pasqua che sia davvero di Resurrezione. Padre Enzo Bianchi, fondatore della Comunità monastica di Bose, su cui pende un decreto siglato dal segretario di Stato per il suo allontanamento, affida al Giornale un messaggio di pace, speranza e riconciliazione. E ammonisce: la coerenza sia il faro del cristiano.

Padre Enzo, un'altra Pasqua con il Covid.

«Certamente non sarà facile vivere la festa in questa situazione di pandemia perdurante, perché la Pasqua è vittoria della vita sulla morte, della gioia sulla tristezza, della guarigione sulla malattia. Ma la speranza della resurrezione che abita il cuore dei cristiani e di tutti gli uomini deve portarci a celebrare con speranza la Pasqua con gli altri».

Come vivrà la Pasqua?

«Andando alla liturgia, partecipando all'Eucarestia e alla Veglia come tanti cristiani che nella loro diaspora cercano comunque di essere perseveranti nella fede, continuando sempre a mettere nel loro cuore la gioia della resurrezione».

Nonostante la sofferenza, c'è un messaggio di speranza?

«So bene che tante persone sono affrante, stanche. È una crisi insinuata anche nel tessuto delle relazioni, della famiglia. Non è facile vivere questo tempo; tante situazioni o vanno in frantumi o diventano difficili, o prendono degli aspetti che sono a volte addirittura insopportabili. Ma la speranza non deve mai venir meno, e guardare a un tempo in cui non ci sarà più la pandemia»

Lei ha fatto il vaccino? E quale il vaccino spirituale da adottare?

«Ho 78 anni, per il vaccino aspetto il mio turno. Mentre non è facile trovare il vaccino spirituale. Lo dobbiamo cercare insieme, nelle relazioni, senza smettere di amarci. Solo l'amore può farci attraversare la sofferenza e la malattia».

Cosa le sta insegnando questa pandemia?

«Mi ha insegnato la fragilità. Non siamo onnipotenti, non determiniamo la lunghezza della nostra vita e neppure siamo assicurati nella nostra salute. Questa pandemia sarà qualcosa che segnerà fortemente. Molte cose non saranno davvero più come prima.

In un tweet recente ha parlato della coerenza.

«È uno dei temi a me più caro. Ho sempre detto, sulle parole di Ignazio da Antiochia, che è meglio non dire di essere cristiano, piuttosto che dirlo e poi avere un comportamento che contraddice la qualità cristiana. Se non tendiamo alla coerenza, finiamo per fingere ed è triste vedere cristiani che dicono di essere testimoni di fraternità e poi non sono capaci dei gesti più umani che riconoscono l'altro come fratello».

Il Papa ha detto che la croce non è masochismo. Anche lei porta il peso della croce?

«Al cuore del cristianesimo c'è la croce, prima della Resurrezione c'è la passione, e certamente

la croce non è un incidente, è una necessitas umana. Non dobbiamo cercare la croce - sarebbe dolorismo - ma quando viviamo la notte della croce, dobbiamo cercare di attraversarla semplicemente, non rinnegando mai l'amore».

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