RomaÈ il giorno della verità, del confronto sulla nuova linea politica e della discussione aperta sull'archiviazione del Patto del Nazareno, del faccia a faccia con Raffaele Fitto e la sua minoranza critica. O almeno dovrebbe esserlo perché l'europarlamentare pugliese sceglie una posizione «aventiniana» e invita la sua componente a disertare la riunione. Una scelta forte che porta Silvio Berlusconi a dettare un ultimatum: «Fitto ha una settimana, due al massimo, per decidere se stare dentro o fuori».
La rottura appare insanabile, almeno per il momento. Di certo la scelta dei fittiani di non partecipare all'assemblea dei gruppi parlamentari segna uno strappo profondo e matura dentro la stessa corrente «frondista» non senza dubbi e sofferenze interne. Parte del gruppo non nasconde dubbi rispetto a questa scelta. L'ex governatore della Puglia, però, non si fida della tenuta della nuova opposizione dura e pura a Matteo Renzi. E si orienta sulla linea dura. Tra le motivazioni anche il timore di una possibile ricucitura dei rapporti tra Forza Italia e Pd, con una resurrezione del Patto del Nazareno nel caso in cui la famosa delega fiscale venga presentata in una forma tale da consentire la candidabilità di Berlusconi. «Tra dieci giorni potrebbe cambiare di nuovo tutto», dicono i fittiani. In realtà, però, questa «teoria della retromarcia» cade nel momento in cui si apprende che la delega fiscale slitterà di almeno sei mesi.
Di fronte a un quadro costellato da incognite, Fitto decide in serata di affidarsi a un comunicato. «Perché l'ipotesi di una nostra cacciata? Perché facciamo opposizione? Perché abbiamo avuto ragione? Perché sono corso a Palazzo Grazioli per invitare Berlusconi a non dare l'ok alla legge elettorale prima del voto per il Quirinale? Caro presidente, meglio esserti antipatico e non abile nello sport dell'ossequio a corte, ma utile e sincero. Io andrò avanti con l'iniziativa dei ricostruttori, a partire dalla manifestazione del 21 febbraio. Ps: Anziché giocare con pseudosondaggi su di me, occupiamoci dei nostri elettori delusi e astenuti: più di 9 milioni. Espelliamo anche loro? Li deferiamo ai probiviri?».
Alla riunione con Berlusconi è presente Denis Verdini che mantiene un profilo e una posizione nell'auletta di Montecitorio piuttosto defilata. Il dirigente toscano, però, appoggia la linea del leader e lo stesso fanno i parlamentari a lui vicini, mentre Renato Brunetta calcola che i «fittiani» non sarebbero più di 8-10 alla Camera e altrettanti al Senato. Si presentano anche un deputato e un senatore ricompresi nell'elenco dei «fittiani»: Francesco Paolo Sisto e Augusto Minzolini. E proprio l'ex direttore del Tg1 svolge un ruolo da ambasciatore e da pontiere, spiegando al presidente di Forza Italia le motivazioni di chi ha scelto di non esserci chiedendo maggiore democrazia interna. «Non chiediamo necessariamente l'azzeramento della dirigenza, ma almeno una discussione su come eleggerla» dice Minzolini. Berlusconi gli dà allora l'incarico di fare da «pivot» e raccogliere proposte su come migliorare la partecipazione e la collegialità delle decisioni.
Chi si spende per evitare strappi e scissioni è Altero Matteoli che, pur condividendo in pieno la linea politica del presidente, getta acqua sul fuoco delle velleità di chi vorrebbe mettere ai voti l'espulsione di Fitto. «Abbiamo bisogno di unità, tanto più adesso che andiamo a fare opposizione dura. Ragioniamo su come tenerli, non su come cacciarli».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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