Ancora ultimi nella crescita In calo consumi e produzione

L'Italia è in recessione: -0,7% nell'industria. Aumentano gli occupati ma non le ore lavorate. Vendite giù dello 0,3%

Ancora ultimi nella crescita In calo consumi e produzione

L'Italia è in recessione e gli italiani si stanno impoverendo. E le ultime stime dell'Unione europea confermano che siamo ultimi. A maggio, l'indice destagionalizzato della produzione industriale aumenta dello 0,9% rispetto ad aprile. Apparentemente una buona notizia, in realtà brutta, perché nella media del trimestre marzo-maggio, il livello destagionalizzato della produzione diminuisce dello 0,1% rispetto al trimestre precedente. Il recupero di maggio non è bastato per evitare la discesa di 0,1 sul trimestre dicembre 2018-febbraio 2019. E, in effetti, purtroppo nel maggio 2019 l'indice della produzione industriale diminuisce di 0,7 punti rispetto a maggio 2018, a parità dei giorni lavorati. Il calo della produzione industriale si riflette nel calo dei consumi.

In maggio, secondo l'Istat, le vendite al dettaglio presentano una diminuzione su aprile dello 0,7% in valore e dello 0,8% in volume. Lo 0,1 di differenza si spiega con l'aumento dei prezzi al minuto. Le vendite dei beni alimentari registrano un calo maggiore della media complessiva sia in valore, -1 %, che in volume: -1,1%. Il fatto più preoccupante emerge dal confronto fra i primi 5 mesi di quest'anno e i primi 5 mesi del 2018. Le vendite al dettaglio registrano una diminuzione dello 1,8 in valore dello 1,5 in volume, perché i prezzi sono scesi dello 0,8 a causa della recessione. La riduzione della domanda di consumi dello 1,5% in volume, cioè al netto della variazione dei prezzi, fra il trimestre marzo-maggio di quest'anno e lo stesso del 2018 è molto maggiore della flessione del nostro Pil che - fortunatamente - è solo di pochi decimali. Ergo la domanda al dettaglio diminuisce di più del prodotto nazionale. La gente è impaurita dalla confusione nella politica governativa: liti continue, successivi proclami di pace, rinvii di decisioni. Ciò genera un aumento della propensione al risparmio, attuata tenendo i soldi in banca per fronteggiare le emergenze.

Ma vi è anche una riduzione del potere di acquisto dei lavoratori. Il fatto che la disoccupazione si sia ridotta e l'occupazione sia aumentata, raggiungendo un livello in precedenza non registrato, non contraddice quel che ho appena scritto, perché il numero di occupati è un dato ingannevole. Infatti sono diminuite le ore lavorate ed è peggiorata la composizione della forza lavoro. Sono aumentati i servizi a basso reddito, mentre si sono ridotti gli investimenti, che comportano occupazioni specializzate. Una conferma del fatto che la riduzione delle vendite al dettaglio dipende dalla riduzione del potere di acquisto dei lavoratori e dalle paure del ceto medio e medio basso sta nel fatto che sono diminuite soprattutto le vendite dei piccoli negozi, mentre la grande distribuzione incrementa il fatturato. La gente cerca di spender meno, in esercizi con prodotti standardizzati. Lo fa anche il ceto medio, che è tartassato da una crescente pressione fiscale e rinunzia ad abitudini tradizionali, anche perché risparmia di più temendo i rischi futuri. Fra i primi 5 mesi del 2019 in confronto a quelli del 2018, nelle vendite di generi alimentari dei piccoli negozi c'è una riduzione dello 0,6%, contro un aumento di 0,9 per la grande distribuzione.

Il valore delle vendite per i primi 5 mesi 2019 contro i primi 5 del 2018, in effetti registra un aumento dello 0,5%, mentre il volume si riduce dello 0,3%, perché i prezzi sono aumentati dello 0,8%. Il rincaro si è avuto nonostante l'afflusso di compratori ai discount, che nei primi 5 mesi del 2019 registrano un aumento di fatturato +4,2%.

Ciò fa capire quale sia il clima economico e psicologico attuale.

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