Una sufficienza piena, un sei e mezzo che lascia intravedere la possibilità di aggiudicarsi un bel 7 alla fine del quadrimestre. Lei sarebbe anche una brava ragazza, il problema è che il destino (nel quale i luterani credono fermamente) l'ha disegnata così, con quell'aria da maestrina con la matita rossa e blu, pronta a correggere gli errori dei Paesi Ue un po' discoli, sempre pronti a perder tempo piuttosto che impegnarsi a fare i «compiti a casa».
Anche ieri la cancelliera tedesca Angela Merkel, nel corso della conferenza stampa al termine del vertice bilaterale con Matteo Renzi, non ha potuto esimersi dallo stilare la consueta pagella nei confronti dell'Italia. Allo studente fiorentino, tutto sommato, non è andata male. «So benissimo che il processo delle riforme non debba essere bloccato: dovete andare avanti», ha sentenziato aggiungendo che in Italia «si sta facendo un lavoro molto importante che dà la possibilità al governo di avere più fiducia nel ruolo della Bce ma soprattutto in se stesso».
Secondo Merkel «il processo di riforme è l'inizio di un percorso nuovo». E il premier l'ha assecondata. «L'Italia può e deve mettere il turbo. Guai a chi pensasse di scalare marcia visto quello che succede a Francoforte (l'aiutino della Bce, ndr )», ha enfatizzato promettendo che «nel giro di qualche settimana il lavoro sarà finito». Un po' superbamente s'è paragonato a Michelangelo: «Come per fare il David gli bastò togliere il marmo in eccesso così per fare le riforme è bastato togliere la burocrazia in eccesso».
Alla faccia del bazooka anticrisi di Mario Draghi, l'unica cosa che conta è proseguire sul sentiero riformista, senza incespicare. «La decisione della Bce non deve frenare il fervore per le riforme e questo vale per tutti e non solo per l'Italia», ha chiosato Frau Angela sottolineando la necessità che tutti i governi lavorino in modo ancora più determinato per «sgombrare le barriere alla crescita».
Nessuna sorpresa, nessuna improvvisazione, una pedissequa ripetizione dei concetti fondamentali. È lo Spirito, il Geist che hegelianamente parla in vece sua. E, da un punto di vista strettamente politico, è anche ovvio che sia così: il cuore della Germania non ha gradito la mossa di Mario Draghi, il numero uno della Bundesbank, Jens Weidmann, pensa che il quantitative easing sia un regalo di soldi tedeschi alla Francia e all'Italia. Merkel deve spiegare ai suoi elettori che Renzi un po' di sostegno lo merita e, per questo motivo, gli deve assegnare un buon voto.
«Ogni volta che ci incontriamo Renzi mi porta un libro nel quale è descritto lo stato di avanzamento delle riforme», ha affermato ieri la Bundeskanzlerin . Non è una mancanza di rispetto nei confronti dell'interlocutore. È che Renzi è uno zelig politico e ha capito che l'unica maniera per renderla contenta è recitare la parte dello scolaretto. Come se fosse un cosplayer di chissà quale manga giapponese. E così da Gianburrasca, Matteo s'è trasformato in una sorta di Garrone dell'Unione Europea. E qualcosa a casa l'ha portata. Se è vero come è vero che l'Italia quest'anno dovrà effettuare una correzione del deficit dello 0,25% del Pil e non dello 0,5%, come previsto dal Fiscal Compact. I falchi di Eurolandia, a partire dal commissario finlandese Jyrki Katainen sono arrabbiatissimi.
Ed è a loro che Merkel s'è rivolta, per addomesticarli.
«Mi tranquillizza molto quello che avviene in Italia: gli imprenditori tedeschi mi hanno detto che ora possono assumere» grazie al Jobs Act. Di quella legge, se ce ne fosse bisogno, ora si sa chi è il padre e anche chi è la madre.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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