Anna, la finta foreign fighter che ha rubato i segreti all'Isis

Una giornalista francese si fa "adescare" online dai terroristi, poi scrive un libro sulle tecniche di arruolamento jihadiste. Ora è sulla lista nera

Anna, la finta foreign fighter che ha rubato i segreti all'Isis

Quante storie di orrore legate all'Isis. Ma anche quante vicende di coraggio e impegno. Tante donne in prima linea. Pure in Occidente: ecco la storia raccontata da Matteo Sacchi della giornalista francese Anna Erelle (nome de plume), che si è finta foreign fighter per capire le tecniche di arruolamento del Califfato. E ne è nato un libro...

Entrare nella testa di uno jihadista. Capire cosa possa trasformare una persona «normale», spesso vissuta in Occidente, in un massacratore, in un devoto fanatico di una religione che non lascia più alcuno spazio alla tolleranza. Uno sforzo che stanno cercando di fare in molti, dopo la strage della redazione di Charlie Hebdo e le notizie che continuano ad arrivare dai territori controllati dall'Isis e ora dalla Libia.

Perché se la risposta militare alla guerra al terrore esiste (si può discutere della sua efficacia ma c'è), quella alla sua propaganda mediatica un po' meno. Alla fin fine l'azione di contrasto più riuscita è la casereccia offensiva di abbattimento di profili Facebook e Twitter della Jihad portata avanti dagli hacker di Anonymus, una ventina di giorni fa. Un grosso passo avanti in questo tipo di indagine è riuscita però a farlo una giovane giornalista francese conosciuta col nome de plume di Anna Erelle. Questa reporter trentunenne, che ora vive sotto scorta e sotto falsa identità, ha per mesi e mesi studiato il meccanismo di reclutamento dello Stato islamico dell'Irak e del levante e di altri gruppi terroristici. Poi, nel marzo 2014, grazie a una falsa identità che utilizzava su Facebook , è riuscita a entrare in contatto con un jihadista di rilievo, Abu Bilel. Vicino al «califfo» al Bagdhadi, questo francese - che si diceva cresciuto in una periferia parigina - disadattato e con molta poca voglia di studiare, ha trovato tra i terroristi una nuova patria. Belloccio e persuasivo è stato subito trasformato in un propagandista e arruolatore. Perfetto per cercare di sedurre i cuori di giovani musulmani di seconda generazione nati in Occidente ma con difficoltà ad adattarsi. O peggio, perfetto per fare il lavaggio del cervello a qualsiasi ragazzo che in crisi adolescenziale abbia voglia di sentirsi «contro».

La trovata geniale della Erelle è stata quella di fingersi una ragazzina smarrita. Coperta nelle loro conversazioni, in chat o via Skype , da un burqa integrale ha finto di essere affascinata da Bilel, pronta a partire. Si è fatta così svelare le sue tecniche di addescamento. Il risultato è una inchiesta che adesso, in formato libro, è arrivata anche in Italia: Nella testa di una jihadista (tre60, pagg. 258, euro 14).

Questo trentottenne che pure nella devastazione di Raqqa (la roccaforte principale dell'Isis) riusciva a non farsi mai mancare una connessione alla Rete, con le sue vittime utilizzava ben poco i temi del Corano . Occhiate languide, almeno nel caso della Erelle, promesse di matrimonio e di protezione, un misto di richiami alla libertà lontano dalla oppressiva sorveglianza dei genitori (quelli che vogliono spedirti a scuola e farti essere come gli altri) e di richiami all'avventura alla bellezza di vivere in una comunità di «fratelli».

Il mischione di argomentazioni d'accatto a un adulto, mediamente alfabetizzato, fa semplicemente ribrezzo. Ma è evidente, per i risultati ottenuti, che su persone giovani e in difficoltà deve avere tutt'altro effetto. Ne esce un quadro di plagio online. Con metodi che ricordano più le sette alla Charles Manson che le madrasse. Alcuni degli scorci del fraseggio di Bilel sono di grottesco orrore: «Come sei ingenua Melanie (la finta identità della Erelle ndr .)... Ti piacciono i bambini? Qui sai molti orfani aspettano una mamma. Le sorelle dell'Is si occupano di loro tutti i giorni, sono fantastiche. Andrete d'accordissimo, siete molto simili». Altre frasi mirano a far sentire in colpa la vittima: «Mentre tu ti ingozzi di merendine davanti a MTV decine dei nostri muoiono ogni giorno... Se resti in mezzo a tutti quei kafir brucerai all'inferno». In altri momenti la Siria diventa un paradiso in terra: «Ma la Siria è fantastica! Qui c'è tutto! Mashallah , devi credermi: è il paradiso! Ci sono un sacco di donne che fantasticano su di noi, i guerrieri di Allah...». E in questa melassa velenosa non mancano le ostentazioni di armi, di autorevolezza, comportamenti da rapper però in versione islamica, promesse di scarpe alla moda e proposte sessuali indecenti: «Sotto il sitar e il burqa puoi indossare quello che vuoi. Giarrettiere, calze a rete, tutto quello che solletica tuo marito... A te piace la biancheria sexy, piccola?».

Ci si può chiedere come sia possibile che basti a convincere persone a partire davvero. Ma succede. Ed è una strategia collaudata che passa da una buona comprensione del mondo giovanile e dei suoi linguaggi. Soprattutto del suo immaginario. Niente a che fare con qualche ulema barbogio che discuta di cosa sia haram (lecito) oppure no. Ma del resto, quanti terroristi rossi avevano letto davvero il Capitale o quanti terroristi neri affrontavano letture filologiche del Mein Kampf ? A volte a contare, soprattutto per i più giovani, è l'idea della rivolta per la rivolta. E c'è chi sa spacciarla, e usare la tecnologia.

Perché alla fine quando il gioco è diventato troppo pericoloso e Anna Erelle si è sganciata, venendo così scoperta, si è trovata una fatwa

sulla testa. Le danno la caccia, in Rete e nella vita e deve nascondersi (anche se forse Bilel è morto in un attacco). Intanto, se guardate in Rete, non ci mettete molto a trovare sempre nuovi siti di propaganda jihadista.

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