Coronavirus

"Anticorpi in calo dopo sei mesi". Ipotesi terza dose dopo un anno

Il ministero della Salute studia il piano per rafforzare l'immunità. Israele parte domenica dagli over 60. Cauti i virologi: "Prima servono dati certi e completiamo le seconde iniezioni"

"Anticorpi in calo dopo sei mesi". Ipotesi terza dose dopo un anno

E mentre Israele ufficializza la terza dose di vaccino da domenica, anche il nostro ministero della Salute valuta il da farsi. Ben consapevole che la strada da seguire per combattere la variante Delta sia, prima o poi, quella. «È molto probabile che la terza dose scatterà dopo 12 mesi dalla seconda» anticipa il sottosegretario alla Salute Andrea Costa.

L'ipotesi più quotata è quella di un ulteriore richiamo per alcune categorie: le persone fragili, gli immunodepressi e anche gli operatori sanitari che hanno ricevuto la prima dose il 27 dicembre 2020 con il V-Day lanciato dallo Spallanzani di Roma.

La decisione è molto complessa e, anche se l'Ue si dice pronta a chiudere nuovi contratti con Pfizer per l'acquisto di scorte e forniture, l'Ema sostiene che «è troppo presto per confermare se e quando ce ne sarà bisogno perché non ci sono ancora abbastanza dati dalle campagne vaccinali». Anche l'Oms frena: «Pensiamo prima ai paesi poveri» che non hanno ancora fatto le prime dosi o non dispongono addirittura di vaccini. Dal canto loro, Pfizer e Moderna hanno già annunciato i dati di efficacia di una terza dose con i loro vaccini. Nel caso di Pfizer il terzo richiamo renderebbe il vaccino più efficace da 5 a 11 volte tanto a seconda dell'età. E sarebbe necessario, stando a uno studio dell'azienda, perchè il vaccino sembra perdere efficacia dopo sei mesi. «Una quota della popolazione può avere una riduzione degli anticorpi dopo 6 mesi, significa che in quelle persone bisognerà fare un richiamo - anticipa il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri - È possibile che ogni anno si debba fare un richiamo come per l'influenza».

I virologi valutano come muoversi, su quali categorie e con quali tempistiche. Ma, fa notare il primario di Malattie Infettive all'ospedale Sacco Massimo Galli, «è prematuro parlarne ora perchè si sta parlando più di sensazioni che di dati clinici». E comunque, dal canto suo, aspetterebbe di avere una nuova versione del vaccino, più adatta a contrastare le nuove varianti, e non quella attuale.

«Dobbiamo prima raggiungere l'obiettivo di copertura con due dosi - sostiene Pier Luigi Lopalco, epidemiologo e assessore alla Sanità in Puglia - Quando avremo dati robusti di durata della efficacia vaccinale, sicuramente servirà una strategia per la terza dose. Ragionevolmente - aggiunge - saranno i già anziani coloro che dovranno essere sottoposti a richiamo vaccinale a causa del ben noto fenomeno della senescenza immunologica, ovvero la perdita della memoria immunitaria che si sviluppa con l'avanzare dell'età. In effetti la maggiore quota di fallimenti vaccinali si registrano già ora nei grandi anziani».

Le defaillance dopo sei mesi di Pfizer mettono in guardia anche il virologo dell'università Statale di Milano Fabrizio Pregliasco. «Ci avviamo verso quella scadenza, soprattutto il personale sanitario, me compreso e comincia a vedersi qualche positivo. Io mi sono vaccinato il 27 dicembre ed effettivamente i titoli anticorpali si sono abbassati, almeno sul test di riferimento che abbiamo usato per questo studio». Ma i parametri da valutare per capire se si è protetti o meno sono diversi: «Ci sono gli anticorpi neutralizzanti, c'è l'immunità cellulare - sottolinea il virologo - Insomma, manca ancora una standardizzazione. Ma quello che hanno visto è proprio l'inefficacia, cioè persone che si sono infettate.

Si è persa un po' quella serenità che c'era all'inizio per la vaccinazione».

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