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Antonio e Giovanni, italiani vittime della Brexit. Dopo una vita a Londra si scoprono «fantasmi»

Emigrati oltre mezzo secolo fa, hanno 95 e 101 anni. Per il sistema non esistono

Antonio e Giovanni, italiani vittime della Brexit. Dopo una vita a Londra si scoprono «fantasmi»

(Londra) Antonio Finelli è giunto nel Regno Unito nel 1952, poco dopo la guerra, per lavorare in un Paese che all'epoca aveva fame di manodopera. Da allora vive oltre Manica, ha lavorato per 36 anni e riceve la pensione da 32. Oggi, che di anni ne ha 95, ha scoperto che tutto questo tempo per la burocrazia inglese non è abbastanza per riconoscergli il diritto di rimane nel Regno anche dopo la Brexit. Vogliono carte, documenti, prove che certifichino che sì, Finelli può restare. E sono decine i casi simili, il più eccezionale è forse quello di Giovanni Palmiero, 101 anni, a Londra dal 1966.

Le storie di Antonio e Giovanni sono state gestite e raccontate sulle proprie pagine social dal patronato Inca Cgil di Londra. È una delle strutture ufficialmente riconosciute dal governo inglese per aiutare gli europei residenti nel Regno Unito a completare la domanda di settlement status: la Brexit è avvenuta lo scorso 31 gennaio e c'è tempo fino a fine giugno 2021 per chiedere di continuare a vivere nel Paese. Inoltrare la domanda e completare il processo non sono attività complicate: si fanno tramite app, bastano pochi minuti. La totale digitalizzazione della richiesta, tuttavia, si è dimostrata essere un problema per le persone più anziane e per quelle meno abituate a telefonini e servizi online. Come conferma al telefono Maurizio Rodorigo, coordinatore dei patronati Inca Cgil del Regno Unito, sono molti gli anziani che chiedono aiuto, alcuni non sanno cosa devono fare. E vengono presi dal panico.

Antonio e Giovanni hanno scoperto di essere emigrati dallo stesso paese campano e si ritrovano ora a Londra incastrati negli ingranaggi burocratici della Brexit. Antonio non è stato riconosciuto dal sistema informatico probabilmente per un problema di digitalizzazione parziale dei documenti, spiega Rodorigo, e così si è visto richiedere certificazioni ulteriori: «Ho ricevuto la pensione e lavorato per tutta la mia vita, ha dichiarato al Guardian, non capisco perché devo fornire gli estratti conto della mia banca. È ingiusto». Casi come quello di Antonio sono molto frequenti, almeno più della metà di quelli gestiti dal patronato Cgil. È andata invece diversamente a Giovanni: il sistema di lettura dei dati biometrici del passaporto riusciva a leggere solo le ultime due cifre della sua età, che passava così da 101 a 01. Giovanni non può procedere da solo nella richiesta, c'è bisogno di inserire la residenza dei genitori, avere un certificato di nascita. Surreale. Gli ultimi dati governativi indicano che a dicembre 2019 gli europei che hanno ottenuto il diritto di rimanere nel Regno Unito sono quasi 2 milioni 700 mila. Sola a una manciata di persone è stato rifiutato, per motivi penali. Ma questo è solo un lato della medaglia: sono molti gli inglesi con antenati italiani che cercano di ottenere un passaporto europeo.

Diamo supporto anche a loro, prosegue Rodorigo, nell'ultimo anno saranno stati almeno un migliaio.

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