Taranto - Archiviata la (breve) fase del dialogo, la crisi dell'acciaio torna ad assumere i contorni dello scontro. Ed è uno scontro giudiziario che si consuma da una parte all'altra dell'Italia. Perché mentre a Taranto i legali di Ilva in amministrazione straordinaria depositano al tribunale del Riesame di Taranto il ricorso contro la mancata concessione di una proroga per la messa in sicurezza dell'altoforno 2, a Milano gli avvocati di ArcelorMittal depositano la memoria nel giudizio civile con i commissari ex Ilva sul recesso dal contratto.
Nel documento presentato a Milano del colosso franco-indiano i toni sono perentori. E quelle 57 pagine, più che una memoria difensiva, suonano come un atto di accusa. «Il governo di uno Stato e i commissari straordinari che ha nominato c'è scritto non possono indurre una società a effettuare un enorme investimento perché ha confidato su un'apposita norma di legge e poi cambiare le regole del gioco durante l'esecuzione del contratto». Nella memoria inoltre si precisa che «dopo aver investito 345 milioni di euro, dismesso rilevanti beni in conformità alle indicazioni della Commissione europea ed esattamente eseguito il contratto per oltre un anno, ArcelorMittal si è così trovata in una situazione completamente diversa da quella concordata e a causa di decisioni e condotte altalenanti e imprevedibili di autorità pubbliche e soggetti istituzionali (come il Governo e i Commissari Straordinari)». Secondo i legali della multinazionale, «soltanto da queste decisioni e condotte» così «come dall'ingiustificato rifiuto di accettare la restituzione dello stabilimento da parte» dell'amministrazione straordinaria «deriverebbe il rischio delle gravi conseguenze paventate nel ricorso». Alcune delle quali vengono bollate come «inesistenti o suggestive».
Gli avvocati dell'azienda scrivono che «è vero che lo stabilimento Ilva è un bene di interesse strategico nazionale», ma aggiungono che «è altrettanto vero però che il rilievo strategico attribuito a uno stabilimento industriale non può essere strumentalizzato» per imporre a un investitore di «continuare a svolgere attività produttiva come se nulla fosse e di accettare assurdamente il rischio di responsabilità penali che erano state escluse al momento e proprio in funzione del suo investimento». Insomma, la questione della cancellazione dello scudo penale si è rivelata decisiva per il disimpegno della multinazionale, come sottolineano i legali in un altro passaggio in cui, a proposito delle conseguenze in termini di occupazione, ambiente e sicurezza, ricordano «il mutato contesto legislativo» oltre che «anni di inadempimento colpevole». E mentre l'azienda passa al contrattacco, a Taranto è corsa contro il tempo per scongiurare lo spegnimento dell'altoforno 2. L'udienza dinanzi al Riesame si potrebbe tenere entro la fine dell'anno, forse il 30 dicembre.
Intanto, si pensa già al dopo Ilva. Il governo ha messo a punto la bozza del decreto per Taranto: 21 articoli in cui sono previsti, tra l'altro, sgravi del 100% a chi assumerà i lavoratori in esubero del polo siderurgico.
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