Arcuri e i prezzi imposti: il balletto in mascherina. L'Iss: "Fatevele da soli"

Brusaferro:bene pure fai da te, ma multistrato Stop dei produttori: a 50 centesimi ci perdiamo

Arcuri e i prezzi imposti: il balletto in mascherina. L'Iss: "Fatevele da soli"

Ancora introvabili, dopo una settimana. Le mascherine chirurgiche non ci sono ancora nelle farmacie dopo il caos che si è scatenato sul mercato con l'imposizione del prezzo massimo a 50 centesimi da parte del commissario all'emergenza Arcuri. Secondo un'indagine di Altroconsumo si trovano solo in una farmacia su quattro. E se non ci sono, vanno bene anche quelle "fai da te", dice il presidente dell'istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro. Mascherine fatte con i tutorial sono meglio del nulla: «Sono raccomandate le mascherine di comunità, multistrato che si possono anche confezionare a casa». Non c'è invece alcuna intenzione di ritoccare al rialzo il prezzo delle mascherine chirurgiche, come hanno rassicurato ieri sera fonti del Mise, precisando che le ipotesi sul tetto di prezzo risalgono a prima dell'ordinanza del commissario Domenico Arcuri.

Le criticità intanto restano: in queste ore alle farmacie arriveranno 3 milioni di mascherine che però, «finiranno in 24 ore», dicono i farmacisti. Il pasticcio sulle forniture risale al 4 maggio, quando il commissario aveva annunciato mascherine a 50 centesimi (in realtà 0,61, perché l'Iva al 22% non è ancora stata tolta) in tutte le farmacie. Una «incomprensione» tra i distributori - Associazione distributori farmaceutici e Federfarma Servizi - e lo stesso Arcuri ha invece lasciato l'Italia a secco. Non c'erano i 12 milioni di pezzi pronti per essere distribuiti come credeva Arcuri, ma solo 3 milioni, perché gli altri 9 milioni di pezzi non erano ancora certificati dall'Istituto superiore di sanità. Ieri è stato raggiunto un nuovo accordo: ai distributori andranno 2 centesimi a mascherina consegnata, e ai farmacisti 10 centesimi per ogni pezzo. Ma il problema è a monte.

Le forniture ancora non sono sufficienti. Il rischio è di trovarsi di nuovo senza. Gli importatori dopo l'ordinanza sul prezzo massimo a 50 centesimi hanno fermato la merce in magazzino e qualcuno anche gli ordini dall'estero, perché venderla a quella cifra significa una perdita della metà del valore di acquisto. Attendono che la «situazione si sblocchi, e nel mentre teniamo la merce nei nostri magazzini», ci spiega un importatore. La produzione nazionale avviata dal commissario Arcuri attraverso contratti con cinque aziende non è ancora a regime. «Dovete dare il tempo alle aziende di produrle, stiamo facendo uno sforzo enorme ma prima di giugno non arriveremo ai volumi massimi. Il nostro regime è 1 milione di mascherine al giorno, per un totale di 175 milioni di pezzi», ci spiega il titolare di una delle aziende che hanno siglato i contratti. Un'altra delle cinque, precisa che ne sta fornendo alla Protezione civile «648.000 a settimana. La nostra produzione è già al massimo». Secondo il Politecnico di Torino il fabbisogno è di 953 milioni di mascherine al mese, 35 milioni al giorno.

La filiera però si è bruscamente inceppata: anche le aziende della moda e del tessile che si erano riconvertite e avevano ottenuto certificazioni per produrre mascherine chirurgiche ora a queste condizioni vogliono abbandonare: «Il commissario ci aveva anche ringraziato per lo sforzo - dice Antonio Francheschini, di Federmoda - le nostre imprese avevano investito per ottenere certificazioni e ora si ritrovano con un prezzo di vendita che non è sostenibile. Ci sono Paesi come la Spagna che hanno fissato il prezzo massimo a 96 centesimi, noi eravamo disposti a ragionare su quella cifra. Così molte abbandoneranno la produzione».

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