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Arcuri, flop da Bagnoli al Covid. E un nuovo caso siringhe d'oro

Gli insuccessi da Napoli a Termini Imerese, il conflitto di interessi, le mascherine. E ora gli sprechi sul vaccino

Arcuri, flop da Bagnoli al Covid. E un nuovo caso siringhe d'oro

«Lo schema prevedeva che nel primo trimestre sarebbero arrivati 28 milioni e 300mila vaccini, stiamo lavorando ora con 11 milioni e 200mila vaccini, oltre il 60 per cento in meno». Qualcosa non torna nei conti che Domenico Arcuri fa nei giorni in cui partono nel caos le prenotazioni per immunizzare gli over 80.

Se i vaccini sono meno del previsto, perché si ordinano siringhe in più e a costi maggiorati? Oggi Enzo Rivellini, ex europarlamentare di Fratelli d'Italia, presenterà un nuovo esposto, il terzo sull'appalto per le siringhe del Commissario per l'emergenza Covid. Nei primi due Rivellini chiedeva chiarezza sul prezzo pagato. Lo scorso 9 dicembre Arcuri ha bandito una gara d'appalto per 157 milioni di siringhe. Il grosso se lo è aggiudicato la Red Lotus di Hong Kong. Ne sono seguite una caterva di polemiche, primo per i ritardi (già il 30 luglio l'Ue invitava ad affrettare gli acquisti). Il quotidiano La Verità e la trasmissione Non è l'arena hanno dato voce a produttori italiani secondo cui il modello scelto, le «luer lock», costano anche sei volte di più di quelle comuni. La struttura del commissario ha spiegato di essersele aggiudicate a prezzi di «solo» il 40-50% più alti delle siringhe comuni e di averle scelte perché «più performanti». Ma varie inchieste giornalistiche hanno messo in dubbio l'utilità delle luer lock e il virologo Fabrizio Pregliasco ha svelato che alcune delle siringhe erano inutilizzabili perché di misura errata. La Corte dei conti ha aperto un fascicolo sull'ipotesi di danno erariale.

Il nuovo capitolo della vicenda è figlio della terza denuncia di Rivellini: «A quanto mi risulta -spiega- il commissario ha sollecitato le aziende vincitrici del bando a fornire maggiori quantità di quelle previste e prevedibili e alcune avrebbero accettato ma a un prezzo ancora più alto».

Ieri anche Milena Gabanelli con il suo Dataroom ha acceso un faro sulle incongruenze degli appalti di Arcuri facendo emergere un altro aspetto sconcertante. Il governo ha incaricato l'ad di Invitalia di gestire le forniture per l'emergenza Covid ma alcune Regioni, pur acquistando quantitativi minori, spuntano prezzi più bassi. È il caso, citato da Gabanelli, delle mascherine FFp2 cinesi: Arcuri ne ha acquistate 100 milioni a 1,05 euro mentre, nello stesso periodo, la Regione Marche ha pagato 0,37 centesimi l'una un lotto da 2 milioni di pezzi.

«Il punto -attacca Rivellini- è che il commissario non può invocare lo scudo contro le inchieste, perché non è più emergenza ma gestione di un fenomeno ormai noto». C'è poi la questione conflitto di interessi denunciata dall'associazione Coscioni. Arcuri come ad di Invitalia ha investito 80 milioni in Reithera, uno dei produttori di vaccini, e contemporaneamente è responsabile della fornitura del siero e minaccia altri produttori di ritorsioni legali.

Il vero dubbio però è perché si continuino a moltiplicare gli incarichi in capo ad Arcuri, il quale non ha certo un curriculum di soli successi, anzi. Si è occupato del risanamento dell'ex area industriale di Bagnoli in modo criticato perfino dal Fatto quotidiano lo scorso 13 dicembre. E in passato lavorò al rilancio del sito ex Fiat di Termini Imerese affidandolo a un'azienda i cui dirigenti sono stati arrestati per aver intascato i fondi senza rilanciare un bel nulla. «Il problema -ha spiegato l'ex deputato regionale siciliano del Pd Pino Apprendi- è stato affidare la gestione del bando per le manifestazioni di interesse a Invitalia. Un carrozzone romano che ha dimostrato di non essere all'altezza del compito assegnato».

Non le credenziali migliori per l'incarico di salvare l'Italia dal Covid.

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