Arezzo non ha più una banca Ora si chiama Tirrenica spa

Ubi assume il controllo di Etruria, Marche e CariChieti comprate per 1 euro. Taglierà un terzo dei dipendenti

Arezzo non ha più una banca Ora si chiama Tirrenica spa

C'era una volta la banca dell'oro nata nel 1882 in via della Fiorandola come Banca Mutua Popolare Aretina e poi diventata, un secolo, dopo Popolare dell'Etruria e del Lazio. Ma da ieri nemmeno il nome esiste più. Si chiama Banca Tirrenica Spa: un nome provvisorio, per i mesi che passeranno da qui alla definitiva fusione dentro il gruppo, attesa entro il primo trimestre 2018, che farà sparite definitivamente il marchio dalle insegne. L'annuncio ufficiale è scritto sul sito di Bankitalia: Etruria - pardon Tirrenica - ora è ufficialmente passata nelle mani del gruppo bresciano-bergamasco Ubi che l'ha acquistata insieme a Banca Marche e CariChieti (che fino alla fusione si chiameranno rispettivamente Adriatica e Teatina) per la cifra simbolica di 1 euro. Quanto forse avrebbe sborsato anche Unicredit nel 2015 se Ghizzoni avesse portato avanti la pratica «suggerita» dall'allora ministro Boschi. Il problema è che oltre al marchio Etruria a sparire saranno anche i dipendenti. Perchè Ubi prevede di tagliare di circa un terzo il personale delle tre cosiddette good bank per risparmiare 200 milioni di oneri operativi entro il 2020. Ciò si tradurrà in un organico ridotto di 1.569 risorse sul totale di circa 4.900 (su base volontaria, ha sottolineato ieri l'ad Victor Massiah), la chiusura di 140 filiali e l'ottimizzazione delle spese amministrative.

Tra accordi per uscite già firmati ed esuberi in arrivo è già di circa 2.200 uscite, dal 2012, il costo scaricato sul personale della crisi di Etruria, Marche e Chieti. «Abbiamo salvato un milione di correntisti e 7.200 stipendi e ora chi ha truffato pagherà», aveva promesso l'allora premier Renzi il 15 dicembre 2015. È stato ben diverso l'epilogo dell'operazione scattata il 22 novembre del 2015 con il decreto di risoluzione firmato dal governo. Alle tre banche è stata applicata la direttiva Ue chiamata Brrd che prevede l'azzeramento degli azionisti e degli obbligazionisti e l'assunzione di perdite da parte del Fondo di Risoluzione pagato dal sistema bancario (il conto è già di quasi 5 miliardi). Viene creato un fondo di ristoro pagato sempre dalle banche per risarcire i truffati e nel 2016 le quattro banche vengono messe in vendita. La prima asta si conclude però a luglio con offerte, da parte di fondi internazionali, ritenute irregolari dal Fondo di Risoluzione che fa capo a Bankitalia e alimentato con i contributi di tutti gli istituti italiani. La procedura viene riaperta ma le due offerte rimaste sono giudicate insufficienti. Ed è allora che per tre delle quattro piccole banche salvate a fine 2015 vengono aperte le trattative con Ubi da mercoledì diventata la nuova proprietaria. Lasciando al Fondo di Risoluzione un passivo 2016 di 2,69 miliardi.

Curioso che la parola fine a questa vicenda venga messa proprio gli stessi giorni in cui riesplode il caso Etruria per il Giglio magico. Ad alcuni osservatori non sembra invece un caso che il messaggio di Ferruccio de Bortoli ai «tentacoli» renziani sulle banche venga lanciato in vista del rinnovo del vertice di Bankitalia atteso a fine ottobre (e di quello della Consob, entro la fine del 2017). Sulla scelta del successore di Ignazio Visco sono già partite le grandi manovre anche da parte di qualche «gran ciambellano» della corte renziana benchè la Legge preveda che l'incarico sia rinnovabile per altri sei anni.

Ma Visco fu parte molto attiva nel commissariamento dell'Etruria, varato dal Tesoro di Pier Carlo Padoan (che sul «caso» sollevato da de Bortoli non ha proferito parola) ma su proposta di Bankitalia, tanto da scatenare reazioni scomposte. Come quella del 17 dicembre 2015 quando il governo Renzi, con una mossa a sorpresa, chiama l'Anac di Raffaele Cantone a gestire gli arbitrati per i ricorsi degli obbligazionisti. Scavalcando di fatto la Vigilanza.

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