Aria di rinvio sul ddl Zan. Letta fa prove di ritirata

Per il Nazareno più vantaggioso posticipare: niente sconfitte prima delle amministrative

Aria di rinvio sul ddl Zan. Letta fa prove di ritirata

Il fronte «o Zan o morte» su cui si è finora attestato il Pd inizia a incrinarsi. Perché di «morire in battaglia insieme a gay e trans», secondo la proposta lanciata dalla pasionaria Monica Cirinnà (ossia sacrificare la legge anti-omotransfobia pur di non far passare alcuna modifica) in molti non ne vogliono sapere.

«Spero che finalmente si apra una breccia di consapevolezza», dice l'ex capogruppo Andrea Marcucci, fautore della mediazione sui punti controversi del ddl Zan.

E ieri, in una lunga assemblea del gruppo dem al Senato, gran parte dei senatori ha ripetuto il messaggio, diretto all'assente segretario Enrico Letta: i numeri non ci sono, e lo si è visto nel voto palese di mercoledì sulla sospensiva, quindi a scrutinio segreto andiamo con matematica certezza sotto, il testo verrà cambiato e tornerà alla Camera.

Quindi meglio «uscire dalla logica del muro contro muro» e, come ha detto nella riunione anche Antonio Misiani, della sinistra orlandiana, «fare di tutto per portare a casa una buona legge, nelle condizioni date». Che, ammette la stessa capogruppo Simona Malpezzi, per il Pd sono a questo punto «condizioni di fragilità», visti i numeri dei primi voti (oltretutto a scrutinio palese). «Il vero rischio - hanno avvertito diversi senatori dell'ala riformista - è che, continuando a dire no a ogni mediazione, ci ritroveremo con una legge anti-omotransfobia fatta da altri». Ossia dai due Mattei, Renzi e Salvini. «Se Italia viva presenta i suoi emendamenti - ammette un senatore - non ci sarà neppure bisogno del voto segreto per farli passare».

Uno spauracchio che ormai ha fatto capolino anche al Nazareno. Letta alla riunione non ha partecipato, ma ha dato via libera a quella che - secondo molti - è solo una prima concessione: il Pd non presenterà emendamenti ma «ordini del giorno qualificanti» che, dice Malpezzi, «chiariscano alcuni punti del testo andando incontro alle incertezze di altri partiti, per far vedere che non siamo insensibili ai dubbi». Anche se, ha aggiunto nella riunione, «non possiamo metterci a trattare ora, dopo aver detto di no fino a adesso». Ma, ufficiosamente, lo stato maggiore Pd apre alla possibilità di modifiche, come quelle proposte da Italia viva, sugli articoli 4 (libertà di opinione) e 7 (scuola). «Se passa qualche emendamento su quei punti, pazienza. Purché non sia toccato l'articolo 1, che per noi resta irrinunciabile», ossia quello - indigeribile alla Lega - sulla differenza di genere. Articolo che però non è contestato solo da destra, come ricorda ai suoi Matteo Renzi: «Alla fine Letta sarà costretto alla ritirata: su quello ha anche le femministe Pd contro».

Il timore di coloro che, dall'interno, cercano di spingere il Pd a «tornare alla politica, aprendo al dialogo», è che alla fine il Nazareno punti tutto sul rinvio all'autunno, magari contando sull'aiutino di Fratelli d'Italia che ha già annunciato (al contrario della Lega) di voler presentare almeno un centinaio di emendamenti, dilatando i tempi dell'esame. «Il tema dei tempi esiste - ha avvertito la capogruppo Malpezzi - anche perché la settimana prossima arriveranno in Senato almeno tre decreti: Sostegni, Semplificazioni e Cybersicurezza, e quindi avranno la precedenza sul ddl Zan». La discussione della legge riprenderà martedì, giorno in cui è fissato anche il termine per la presentazione degli emendamenti.

E con i decreti già in calendario e il generale Agosto che incalza, le speranze di riuscire a mandare avanti l'iter della legge prima della pausa estiva diventano esili. E così la speranza di rallentare la corsa del ddl Zan e di non incassare una sconfitta in aula prima delle amministrative, rimandando la partita all'autunno, può divenire per il Pd l'ultimo salvagente.

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