Coronavirus

Arianna e quel post. "Poi mi invitate a cena"

Così aveva scritto agli amici su Facebook dall'ospedale da cui non è mai più uscita

Arianna e quel post. "Poi mi invitate a cena"

La cosa brutta è che non hai il tempo di rimettere in ordine le tue cose, di sistemare quello che hai. Non c'è più tempo per gli impegni che ha rimandato, per le persone che volevi rivedere, il buio, o la luce hanno fretta, non mancano solo le persone che ami sui tuoi ultimi passi, manchi anche tu, quello che eri fino a pochi giorni fa e le tante cose di ogni giorno che non c'è più tempo di aggiustare prima di partire. Si va via con l'abito che avevi addosso stamattina e troppe parole che non ti ho detto. «Quando guarirò mi inviterete tutti a cena!» aveva postato quattro giorni fa Arianna Busetto, 46 anni, dal suo letto di ospedale di Mantova. «Esuberante e testarda, solare con molta voglia di vivere e di fare esperienze nuove» la raccontano gli amici, aveva viaggiato molto, ma negli ultimi tempi si era innamorata del ballo, la Kizombe. Aveva scoperto qualche problemino al cuore, chiamava tutti i giorni a casa i genitori per tranquillizzarli. Ieri a suonare non è stato più il cellulare, ma la porta. Quando hanno visto i carabinieri mamma e papà si sono sentiti male.

Giovannina Favero, 58 anni, lavorava da oltre venti nella segreteria dell'Istituto comprensivo di Borgoricco, provincia di Padova, chiuso da quasi un mese per l'emergenza sanitaria. Stava ancora aspettando i risultati del test. Era entrata in ospedale, a Villa Maria, con il marito, se ne è andata prima di avere i risultati del test. Il Covid19 è stato più veloce.

Insieme, come insieme sono stati per tutta una vita, sono andati via fratello e sorella, lui 80 anni, lei 88. La loro è una storia iniziata e finita nella casa di Brenzio, ex frazione di Consiglio di Rumo, provincia di Como, a quattro giorni di distanza uno dall'altra. È la storia di due fratelli. Lui aveva lavorato per una vita in cartiera per poi diventare muratore, lei nei campi e a casa con le faccende domestiche. Peccato che non siano stati sepolti con un'unica cerimonia.

Anche Umberto Gnudi, medico primario in prima linea a Pesaro, ha scelto facebook per dire che suo cugino Paolo era caduto in battaglia: «No. Non andrà tutto bene. Stanno morendo delle persone, tante. E non solo vecchi o malati. Come mio cugino Paolo. Un'altra vittima del Coronavirus. Di 50 anni. Senza altre malattie. Stasera lo piango. Domani tornerò a fare il mio lavoro, meglio che posso, come ogni giorno. Non sono un eroe. Faccio quello che devo, come centinaia, migliaia di colleghi. Fate lo stesso anche voi. State a casa. E non andrà tutto bene. Ma finirà».

Ha ceduto il passo Ezio Bassetto, detto «El Broca», un ragazzo dal sorriso contagioso, abituato a scalare vette, istruttore del Cai di Mestre, aveva fondato quello di Mirano, a Venezia. Si era ammalato di Sla a 58 anni, il Covid19 non ha pietà per chi resta indietro. Anche Andrea Gambi era un sportivo. Era direttore generale di Romagna, aveva 64 anni, e il virus maledetto lo aveva preso in palestra. Anche la moglie insegnante in un liceo ravennate, è ricoverata al Santa Maria delle Croci. Lascia un figlio, pure lui ingegnere. Non ha avuto il tempo di salutarli.

Si è fatto tardi troppo presto.

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