Guerra in Ucraina

Armi a Kiev fino al 2023. Opposizione spaccata: liti nel Pd, M5s pro Putin

L'ala sinistra Dem contro nuovi invii, atlantisti all'angolo. Grillini ed ex comunisti con i russi

Armi a Kiev fino al 2023. Opposizione spaccata: liti nel Pd, M5s pro Putin

C'è la supercazzola «pacifista» - pacifismo moscovita - di Giuseppe Conte, il pattinaggio artistico sul ghiaccio del Pd per tentare di restare unito, l'esplicito «no alle armi» filo-Putin dei rosso-verdi e il netto sì al sostegno «economico e militare» all'Ucraina, in piena continuità con la linea del governo Draghi, del Terzo Polo.

Alla vigilia della discussione sulle mozioni sulla guerra russa contro Kiev, che inizierà oggi nell'aula di Montecitorio, l'opposizione di centrosinistra riesce a dividersi in quattro. E in aula le divisioni si moltiplicheranno: i grillini, infatti, si preparano a convergere sulla mozione anti-Ucraina di Fratoianni&Bonelli (e viceversa). Il Pd ha dato la propria disponibilità a «astensioni incrociate» sulla mozione M5s, ma finora non ha avuto risposte: i dirigenti grillini alla Camera aspettano ancora «indicazioni» da Conte e Casalino. Sulla mozione del Terzo Polo i dem potrebbero astenersi o addirittura votare a favore, ma decideranno oggi, mentre su quella dei rossoverdi «voteremo contro e basta». Come spiega l'ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini, «manteniamo la posizione chiara che abbiamo avuto in tutti questi mesi». A fianco del paese aggredito, della Ue e della Nato.

E anche con il centrodestra è in corso una trattativa, da parte dello stato maggiore dem, per astenersi sul testo filo-Ucraina del governo Meloni. «Del resto - fa notare Lia Quartapelle, responsabile Esteri Pd - il partito di Meloni ha sempre votato con il governo Draghi sulla guerra: unirsi sulle grandi questioni di politica internazionale è normale, nelle democrazie occidentali». Il problema è che nel testo della maggioranza potrebbe essere inserito un passaggio che auspica la proroga «fino al 31 dicembre 2023» dell'autorizzazione (che scade a fine anno) a inviare al governo Zelensky gli equipaggiamenti militari necessari. Un passaggio che metterebbe in difficoltà il Pd: «Su questo il nostro gruppo non regge», ammette un dirigente dem più che favorevole al sostegno all'Ucraina. «Figuratevi il casino che armerebbero non solo i 5S in aula, ma anche i vari Boldrini, Schlein, Speranza, cattopacifisti alla sant'Egidio etc: rischiamo di perderci un pezzo».

Il testo della mozione Pd, depositato ieri, è un meticoloso esercizio di equilibrismo per evitare di perdere pezzi, frutto di lunghe trattative. Per tenere fermo il punto chiave (ossia l'appoggio anche militare all'Ucraina aggredita), l'ala «occidentalista» - da Guerini a Fassino a Quartapelle allo stesso Letta - ha dovuto digerire un lungo pistolotto introduttivo in cui viene evocata persino la manifestazione del 5 novembre a Roma e il «sentimento pacifista sempre più diffuso nel Paese». Ma ancor più capzioso è il testo dei 5S, che pure hanno voluto il dibattito di oggi: un vago sproloquio per chiedere al governo Meloni di «illustrare preventivamente alle Camere» ogni iniziativa riguardante il conflitto, incluso «l'eventuale invio di forniture militari». Un tentativo, già fatto con il governo Draghi, di imporre un passaggio parlamentare per ogni scelta presa in sede italiana, Ue o Nato.

Col rischio, sottolinea l'ex sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè, di Fi, di «dare un vantaggio strategico a chi ci vuol male, rivelando le forniture militari inviate e ciò che esce dai nostri magazzini».

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