«Non è assolutamente impensabile, non è inverosimile», che «la sentenza della Corte di Strasburgo su Berlusconi possa «arrivare entro il 2017, ma non posso dire di più». Guido Raimondi, presidente della Corte europea dei diritti dell'uomo, interpellato da Un giorno da pecora, apre finalmente la porta alla chiusura di un iter che va avanti ormai da moltissimo tempo. Il leader di Forza Italia, infatti, presentò il suo ricorso contro la legge Severino il 10 settembre 2013. La Corte di Strasburgo ha girato il fascicolo al governo il 5 luglio scorso. L'esecutivo ha depositato le proprie osservazioni il 20 dicembre scorso.
Sul merito Raimondi, comprensibilmente, evita di esprimersi. «Sui casi pendenti non posso fare commenti, il mio dovere di riserbo è totale. Il ricorso sta seguendo il suo corso. È all'esame della Corte». Quanto al suo voto, «il presidente non è mai tale nei casi che riguardano il proprio Paese». È evidente che l'imminenza di questo giudizio diventa ancora più sentita dal momento che le elezioni - siano esse a giugno o a marzo 2018 - sono comunque vicine e la candidabilità di Berlusconi diventa un fattore importante. Il primo nodo, però, è trovare un accordo sulla legge elettorale. La sentenza della Consulta è attesa in serata o al massimo domani mattina. Sempre domani lo stato maggiore di Forza Italia si vedrà a pranzo a Palazzo Grazioli con Berlusconi per una prima analisi della sentenza. In ogni caso si aspetterà, prima di far partire la trattativa, la pubblicazione della motivazione per la quale ci vorrà circa una settimana (Renato Schifani si dice convinto che «la Corte delibererà in tempi brevi non per assecondare qualcuno, ma perché sente gli occhi puntati del Paese»).
Sul merito possibilità di dialogo con Ncd - che per ragioni di sopravvivenza vuole il premio alla coalizione e uno sbarramento non superiore al 3% - non ce ne sono. Molto interessanti vengono, invece, giudicate le aperture sul proporzionale del ministro Andrea Orlando. Sullo sfondo Berlusconi, in una intervista a La Stampa, lancia una stoccata a Matteo Renzi. «Tutte le sue principali riforme sono fallite. Le poche leggi andate in porto hanno comportato costi elevati senza produrre risultati concreti. Essere brillanti nella parlantina non significa saper governare». Il Cavaliere, poi, ripropone all'attenzione il tema delle nuove povertà: «È la vera emergenza della nostra epoca, anche perché non si tratta solo delle povertà tradizionali, ma di un ceto medio impoverito, indebolito da crisi, tasse, impossibilità di trovare occupazione per i figli. Un ceto impaurito dalla criminalità, dalla convivenza difficile con l'immigrazione, dal venir meno delle certezze per il futuro. Questa è la grande sfida.
Milton Friedman aveva studiato una imposta negativa sul reddito, vale a dire che fosse lo Stato sotto una certa soglia di reddito - a versare denaro al cittadino. Naturalmente questo andrebbe inserito in una riforma complessiva del sistema fiscale».
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