Gianluca GrossiCraig Venter ha ormai più l'aria di una rock star che non di un ricercatore dell'omonimo istituto da lui fondato. Ma Venter ha presieduto la codificazione del genoma umano e nel 2010 è tornato alla ribalta delle cronache per avere dato i natali alla prima forma di vita artificiale. Ora siamo al terzo capitolo della saga venteriana, e per l'occasione veniamo a conoscenza dell'ultimo grande esperimento battezzato dal biologo statunitense: l'ottenimento di una forma di vita minima, l'«abc» della genetica, la base per poter sopravvivere.Di cosa di tratta? Di un manipolo di geni, 473, in grado di regalare l'esistenza a un minuscolo batterio, fra gli esseri viventi più piccoli del pianeta. Per comprendere l'eccezionalità della scoperta basta pensare che l'uomo possiede 330mila geni, 30mila geni legati alla sintesi proteica, e quindi imprescindibili per l'esistenza. Altri esseri più primitivi come i microbi arrivano a 5mila geni. Ma evidentemente si può vivere con ancor meno, come dimostra la ricerca americana e la nascita di «Syn 3.0», il, nome dato alla cellula sintetica.Che non è stata scelta a caso. È infatti molto semplice, riconducibile tassonomicamente all'universo dei micoplasmi, microrganismi dotati di un semplicissimo Dna. L'acido nucleico scoperto da Watson e Crick negli anni Cinquanta, in questo caso è facilissimo da «codificare» e quindi riprogrammare artificialmente. Ma come si è arrivati a isolare i veri geni della vita? Attraverso un procedimento complesso, appannaggio della genetica avanzata, riguardante l'applicazione di trasposoni, elementi genetici in grado di interferire con le varie parti del genoma; significa che possono essere utilizzati per inattivare un certo gene e dunque verificare quali siano davvero indispensabili alla sopravvivenza.Così si è arrivati a 473, coinvolgendo i geni legati all'espressione genica, ma non quelli, per esempio, che portano agli enzimi di restrizione. Sono forme proteiche particolari, da sempre attive in natura, di cui l'uomo ha fatto tesoro negli ultimi decenni per la cosiddetta tecnologia del Dna ricombinante; che permette di tagliuzzare porzioni di Dna per poi analizzarle attraverso l'elettroforesi.Il futuro? Sempre più promettente. In laboratorio infatti abbiamo la prova che siamo in grado di fabbricare la vita. Imitando ciò che c'è già (e non quindi creandola da zero, piccolo ma insormontabile limite della scienza). Da qui si potrà partire per avviare nuovi test e generare batteri artificiali «intelligenti»; perché se è vero che Syn 3.
0 non può fare molto, al contrario si possono solo immaginare gli straordinari traguardi che si potrebbero ottenere con batteri «tarati» per bonificare terreni e acque. Potrebbe essere una rivoluzione in campo biologico, ma anche industriale, con importanti ripercussioni a livello ambientale e sociale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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