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Trincea Meloni ai delegati Fdi. "Fango su di noi, serrare le fila". Pensioni, frizioni con Salvini. E per le Europee '24 ragiona su quattro ministri candidati

Prima assemblea nazionale del partito dopo il voto. La premier dura con l'opposizione, poi il messaggio ai suoi: "So chi di voi ha sempre il trolley in mano". La difesa di Arianna: critiche solo perché mia sorella. Il nodo Ue: la Lega può sfilarsi sulla Commissione

Trincea Meloni ai delegati Fdi. "Fango su di noi, serrare le fila". Pensioni, frizioni con Salvini. E per le Europee '24 ragiona su quattro ministri candidati

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Nella prima assemblea di Fratelli d'Italia da quando siede a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni sceglie di chiudere la sua relazione con una citazione di Lucio Battisti che guarda al futuro con ottimismo. «Non sarà un avventura, non è un fuoco che col vento può morire», dice la premier. Che, però, durante il suo intervento si concentra soprattutto sul serrare le fila del partito, in vista di un'agenda che per i prossimi nove mesi promette di essere più accidentata di una Parigi-Dakar. Si comincia con la legge di Bilancio e il tira e molla con gli alleati (il pressing di Matteo Salvini è evidente) e si va avanti con la riforma del Patto di Stabilità, che sui tavoli di Bruxelles incrocia la ratifica del Mes, il nodo balneari e le nomine a Bce e Bei. Sullo sfondo restano ovviamente i dossier interni (il caro-vita su tutti) e il traguardo delle elezioni Europee del 9 giugno. Una corsa che si giocherà con le regole del proporzionale (quindi tutti contro tutti) e i tre partiti di maggioranza che si muovono su tre direttrici diverse: Fdi gioca con i Conservatori e riformisti, la Lega con Identità e democrazia, Forza Italia con il Ppe. Può sembrare un dettaglio ma non lo è affatto, perché gli equilibri che usciranno dal voto di giugno indicheranno i futuri vertici delle istituzioni europee: Parlamento, Consiglio e Commissione Ue.

Una partita da cui non possono restare esclusi i partiti che governano un Paese del G7, anche se - come è altamente probabile - si ripeterà di nuovo lo schema della «maggioranza Ursula» con l'accordo tra Ppe e Socialisti. Non certo un problema per Forza Italia, magari un disagio per Fdi, certamente un enorme fastidio per la Lega.

Insomma, un quadro politico inevitabilmente complicato. O, per usare le parole di Meloni davanti ai circa 400 delegati presenti al centro congressi di via Alibert a Roma, «mesi incredibili». Per i quali, è il senso dell'intervento della premier, il partito deve essere più unito che mai. Anche per respingere «le campagne finto scandalistiche», i «dossieraggi» e «il fango gratuito sui familiari». Si sono «attaccati agli organigrammi» di Fdi per «raccontare» in maniera «surreale» un «partito chiuso, familistico, asserragliato». Con la difesa di Arianna, che ha seguito i lavori non in platea ma sotto il palco, «militante da quando aveva 17 anni» e «penalizzata dall'essere mia sorella». Infine, l'affondo sull'opposizione che «automaticamente ci attacca» anche quando «siamo dalla parte degli italiani» e «del buon senso». «Gli attacchi e le trappole», è la sintesi, «si moltiplicheranno».

Quello della premier, insomma, è un accorato invito a serrare le fila. Una prospettiva di trincea che si concilia fino a un certo punto con l'essere a Palazzo Chigi ormai da quasi un anno. Ma la leader di Fdi ha ben chiaro che davanti ci sono mesi «incredibili» in cui tutti dovranno fare la loro parte per evitare fastidiosi e pericolosi inciampi. Perfino i cosiddetti peones, a cui manda un messaggio chiaro. «So chi di voi lavora e chi no, chi sostituisce i colleghi in commissione e chi invece è sempre con il trolley in mano. Perché io quando voi avete fatto una cosa ne ho già fatte due», è il passaggio che resta impresso a tutti i presenti.

Meloni, insomma, prepara le contraerea. Primo bersaglio la legge di Bilancio, su cui Salvini promette un'offensiva seria. Nella riunione post vacanze sulla manovra, infatti, il leader della Lega ha insistito sulle pensioni o, in alternativa, sull'autonomia differenziata. «Vuole una bandiera da sventolare in campagna elettorale», ha chiosato con i suoi Meloni. Che nell'intervento di ieri davanti all'assemblea nazionale di Fdi ha invitato tutti ad evitare «egoismi» e «fughe in avanti». Parole pensate per Salvini, a cui però - ha detto in privato - una «mezza bandierina» sulle «pensioni» va lasciata, quantomeno per toglierli ogni pretesto.

In verità, la conflittualità tra premier e vicepremier è tutto fuorché destinata a scemare. Come non è aritmeticamente plausibile ipotizzare che i numeri del futuro Parlamento Ue rendano possibile un asse Ppe-Ecr, allo stesso modo non sta in piedi uno scenario in cui Identità e democrazia (il gruppo della Lega, dei francesi del Rassemblement National di Marine Le Pen e dei tedeschi dell'ultradestra di Afd) possa numericamente superare i Conservatori. Detto questo, Meloni vuole fare il possibile per confermare il 26% delle politiche, tanto che a giugno sta pensando di candidare come capilista quattro o cinque ministri di Fdi.

Il punto è un altro. Se la premier sarà costretta a votare un presidente della Commissione Ue con i Socialisti - perché un Paese del peso dell'Italia non può restare fuori da questa partita - cosa farà Salvini?

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