Nazionalizzazione. Un'ipotesi dell'irrealtà, un'eventualità impensabile fino al giorno prima della tragedia di Genova, da quando invece è diventata l'obiettivo del governo. Eppure, quella che fino a oggi veniva considerata una fatalità surreale già sei anni fa veniva messa in conto da Atlantia.
Il fatto, cioè, che i tremila chilometri gestiti dalla sua controllata Autostrade per l'Italia potessero tornare nelle mani dello Stato prima della scadenza naturale della concessione, veniva messo in preventivo come uno di quei cigni neri che avrebbero potuto ribaltare il futuro della società e dei risparmiatori privati che in quella stavano per investire. Ecco che il «nationalization event» veniva inserito tra i «fattori di rischio» elencati nel prospetto con cui nel 2012 Atlantia ha lanciato un bond da 750 milioni per finanziare le attività di Autostrade. Una di quelle remote eventualità, insomma, di cui informare gli investitori.
Tra le trecento pagine di quel documento compaiono due righe contenenti proprio la clausola «nationalization»: un rimborso anticipato dei bond nel caso di un «eventuale controllo esercitato dallo Stato italiano nei confronti di Atlantia, Autostrade per l'Italia e delle controllate rilevanti di quest'ultima». Sembrava una di quelle postille, come ha spiegato il Sole 24 Ore, frutto più di «tecnicalità giuridiche di avvocati scrupolosi e pedanti», rappresentativa di «fatalità talmente irrealistiche che nessuno le prende sul serio». E invece, all'indomani del crollo del ponte Morandi, sono proprio quelle che il governo è determinato a perseguire.
La «lungimiranza» di Atlantia è stata una forma di garanzia per gli obbligazionisti di fronte all'inverarsi dell'infausta profezia. Va detto che però a oggi non c'è alcun allarme visto che quel bond ha scadenza il 30 novembre, mentre tutto l'iter per la procedura di decadenza durerà almeno sei mesi, escluso poi il contenzioso. Scenari che, dunque, vanno oltre la vita di quei titoli da rimborsare. Le incognite semmai riguardano quelli più a lungo termine sui quasi dieci miliardi in circolazione.
Tra i rischi messi nero su bianco nel prospetto c'era anche un capitolo relativo alla «decadenza per gravi inadempienze», esattamente il punto previsto dal contratto di concessione su cui ora si sta concentrando il governo: ma a rassicurazione degli investitori, è citato il diritto della concessionaria a ottenere dallo Stato «un indennizzo pari al valore attuale netto dei ricavi della gestione prevedibile sino alla scadenza». Una botte di ferro garantita dal contratto di convenzione che ora Palazzo Chigi tenterà di scardinare, visto che si tratterebbe di 20 miliardi da dare alla stessa Autostrade. Ma la via è in salita, e sarà oggetto di un braccio di ferro legale tra il Gruppo e l'esecutivo. Una battaglia giudiziaria di cui la stessa Atlantia avvertiva precauzionalmente così i risparmiatori: in caso di effettiva decadenza della concessione, «non si può escludere che la determinazione della misura dell'indennizzo comporti lunghe negoziazioni dall'esito non prevedibile».
Non solo. C'è anche un altro avvertimento nel prospetto.
Quello sulla volubilità cui è soggetta un'attività, la gestione delle autostrade, esposta ai venti della politica: «Non si può altresì escludere che cambiamenti nella linea politica del governo italiano relativamente al settore di attività in cui il Gruppo opera, possano avere un impatto significativo sui risultati operativi e sulla situazione finanziaria ed economica».
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