Gli attentati non fermano le proteste

Città sotto choc ma in migliaia tornano in piazza contro Netanyahu

Gli attentati non fermano le proteste

Hanno iniziato a marciare ieri sera in un silenzio surreale a Rehovot per commemorare le vittime del terrore, ma poi l'urlo della gente a Tel Aviv si è alzato altissimo contro il premier Benjamin Netanyahu e il suo tentativo di riforma della giustizia. In una Tel Aviv ancora sotto choc per l'attacco sul suo lungomare, un fiume di gente con le bandiere israeliane bianche e azzurre e con torce e razzi ha continuato a protestare. Le persone in strada hanno portato uno striscione con la scritta: «Lasciate andare avanti la mia gente». Poi hanno iniziato a radunarsi anche di fronte il palazzo presidenziale a Gerusalemme. I manifestanti dunque non hanno mostrato segni di cedimento. Neanche da quando il premier Benjamin Netanyahu ha sospeso la revisione. Ma c'è di più: nonostante i dimostranti abbiano condannato gli ultimi attentati terroristici e la scia di violenza mortale nel Paese, non hanno fatto un passo indietro rispetto alla loro volontà di bloccare l'iter legislativo. Gli organizzatori hanno acconsentito alla richiesta della polizia di annullare una marcia attraverso la città. Ma la manifestazione principale da Habima Square a Kaplan Road è andata avanti. E molti cittadini hanno lasciato sul luogo dell'attentato mortale a Tel Aviv in cui ha perso la vita Alessandro Parini fiori, una sua foto e una bandiera dello Stato ebraico. Centinaia di persone si sono anche radunate nel nord di Israele all'incrocio che porta alla città di Kiryat Shmona dove giovedì sono caduti i razzi sparati dal Libano. La gente cantava: «Il nord chiede protezione ora». Mentre il ministro della difesa Yoav Gallant ha ordinato di rafforzare le forze di polizia nel centro di Israele e di estendere la chiusura della Cisgiordania durante la Pasqua ebraica. La tensione infatti continua a salire. In serata tre razzi sono stati lanciati dalla Siria sulle alture del Golan. Uno ha attraversato il confine ed è atterrato in un'area aperta vicino alla città di Meitsar, nel nord di Israele. Ma non finisce qui la scia di violenza. Un giovane palestinese di 20 anni Azzam Salim ieri è stato ucciso vicino alla città di Azzun in Cisgiordania dalle forze israeliane. E nella notte di ieri centinaia di persone si sono barricate nella moschea Al-Aqsa: si stavano preparando per gli scontri con la polizia israeliana.

Intanto la rabbia contro l'attuale governo non si placa. La polizia ha fatto sapere che a causa dell'attuale ondata di terrore, era essenziale mantenere sgombre le strade principali durante la manifestazione. Gli organizzatori anche ieri hanno ribadito che la protesta si sarebbe tenuta, «proprio mentre stanno andando avanti dozzine di eventi, così come il raduno al Muro Occidentale per la benedizione sacerdotale di Birkat Kohanim e le visite al Monte del Tempio per la Pasqua. Non si deve permettere al terrorismo di vincere». E gruppi di riservisti militari israeliani, inclusi piloti e ufficiali delle forze speciali hanno minacciato di rifiutarsi di presentarsi al servizio se il progetto di riforma della giustizia andrà avanti.

Sabato scorso, centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza chiedendo che la coalizione accantonasse completamente il progetto di riforma. «Continueremo ad andare in strada fino a quando non ci verrà promesso che lo Stato di Israele rimarrà una democrazia», hanno tuonato gli organizzatori.

Il procuratore generale ha avvertito che l'attuale pacchetto legislativo della coalizione - che darebbe all'esecutivo il controllo quasi completo su tutte le nomine giudiziarie e limiterebbe radicalmente l'Alta Corte - conferirebbe al governo un potere praticamente illimitato. Sebbene i colloqui con l'opposizione siano in corso, pochi si aspettano che porteranno ad una intesa.

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