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Attentato al corteo pacifista. Cento morti e Turchia nel caos

Due kamikaze a un meeting in favore dei curdi. Il governo accusa: «Vogliono spaccare il Paese». Si seguono le piste Pkk e Isis. Ma in duemila manifestano contro Erdogan

Attentato al corteo pacifista. Cento morti e Turchia nel caos

Le immagini circolate sulle televisioni di tutto il mondo sono impressionanti: un cordone di manifestanti grida slogan, muovendosi a ritmo e tendendosi per mano, quando da dietro una potentissima esplosione spezza le fila e fa scappare tutti in ordine sparso.

Due bombe ieri sono esplose in mattinata ad Ankara, uccidendo 97 persone e ferendone circa 400. Le deflagrazioni sono avvenute nei pressi della stazione centrale, alla partenza di un corteo organizzato da associazioni della società civile, sindacati, gruppi della sinistra, un movimento curdo, l'Hdp, il partito democratico del popolo entrato per la prima volta in Parlamento a giugno, quando per la prima volta in decenni il partito del presidente Recep Tayyip Erdogan ha perso la maggioranza assoluta. Stavano manifestando in favore della pace e contro la ripresa delle ostilità tra l'esercito nazionale e i miliziani curdi del Pkk, il partito dei lavoratori.

Le autorità hanno subito condannato l'attacco, definendolo un atto terroristico, il peggiore nella storia della Turchia moderna. «Condanno con forza questo orribile attacco che colpisce la nostra unità e fratellanza», ha dichiarato il presidente Erdogan. Il portavoce del suo partito Giustizia e Sviluppo, quell'Akp islamico moderato da molti anni al potere, ha parlato di azione «provocatoria che ha come obiettivo quello di sabotare il processo elettorale». Ma nel tardo pomeriggio, a Istanbul, in duemila hanno manifestato contro Erdogan al grido di «dimettiti». Il governo ha bloccato la diffusione delle immagini della strage.

È in questo contesto sempre più instabile, con le forze di sicurezza in stato di allerta, che da settimane la Turchia si prepara alle vicine elezioni del primo novembre. Dall'estate, sotto più fronti la situazione della sicurezza nel Paese è cambiata. Da una parte, il governo di Ankara dopo l'attentato che a luglio ha ucciso oltre 30 persone nella cittadina di Suruc, vicino al confine con la Siria, e per la quale le autorità hanno accusato gruppi vicini allo Stato islamico, ha abbandonato i propri freni e assunto una posizione più interventista nei confronti del conflitto in Siria, permettendo ai jet americani di utilizzare la sua base aerea di Incirlik. E ha iniziato a bombardare postazioni islamiste ma non solo. Da mesi, infatti, dopo due anni di tregua, sono iniziate di nuovo sia da una parte sia dall'altra gli scontri col PKK, gruppo curdo considerato organizzazione terroristica da Turchia, Ue e Stati Uniti. Proprio ieri, come ci si aspettava in anticipazione delle elezioni, il partito ha dichiarato l'inizio di una nuova tregua. Nessun gruppo in serata aveva rivendicato la strage, ma gli analisti turchi e internazionali si sono focalizzati sulle piste curda e Isis. Qualcuno parla di un attacco per continuare la guerra coi curdi. Offensive curde hanno colpito Ankara nel 2007 e nel 2011, mentre nel 2013 miliziani della sinistra radicale hanno compiuto un attentato suicida davanti all'ambasciata Usa nella capitale.

Secondo il premier Ahmet Davutoglu ci sarebbero forti prove dell'azione di due kamikaze, modalità comune a diversi gruppi: «Qualcuno vuole il caos».

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