Attenti, ora qualcuno bandirà il crocifisso

Attenti, ora qualcuno bandirà il crocifisso

Di questi tempi non c'è sentenza che non debba far tremare. Anche quando sulle prime sembra favorevole alla cara vecchia realtà. Che a sentenziare sia una corte nazionale o sovranazionale, italiana o europea, cambia poco: prima di parlarne bisogna andare a leggere le righe e il fra le righe, e poi ipotizzare la peggiore interpretazione che qualcuno potrebbe darne. La Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha stabilito che un'azienda privata può vietare, qualora lo ritenga opportuno, l'utilizzo del velo islamico alle proprie dipendenti, senza per questo finire sotto accusa per islamofobia o razzismo o sessismo o tutti e tre i misfatti messi insieme. Purtroppo mi corre l'obbligo di mettere in guardia tutti coloro che alla notizia hanno tirato un sospiro di sollievo. Pensavate forse che a Bruxelles si fossero finalmente pentiti dell'accoglienza indiscriminata? Che nella capitale burocratica d'Europa ci si fosse finalmente accorti dei pericoli insiti nell'islamizzazione montante? Manco per idea. La sentenza delle corte minaccia qualsiasi religione e pertanto anche quella cristiana. Vi si scrive a chiare lettere che un'azienda può vietare «di indossare in modo visibile qualsiasi segno politico, filosofico o religioso sul posto di lavoro». Qualsiasi segno. E dunque anche una piccola croce. Perché perfino il ricordino della cresima potrebbe ostacolare «il perseguimento, da parte del datore di lavoro, di una politica di neutralità politica, filosofica e religiosa nei rapporti con i clienti». E in questo caso potrebbe scattare il licenziamento, qualora il malcapitato cristiano si rifiutasse di occultare il simbolo della propria fede. Nel recente passato di episodi analoghi ce ne sono stati parecchi, nei paesi del Nordeuropa dove l'apostasia da un lato e l'islamizzazione dall'altro sono in fase più avanzata che da noi. Chi ha resistito alla richiesta di abiura visiva ha dovuto patire sospensioni, licenziamenti, processi, magari conclusosi positivamente (come nel caso dell'impiegata arabo-cristiana della British Airways) però comunque, nel complesso, una via crucis. D'ora in poi, se la sentenza Ue farà ovunque giurisprudenza e tendenza, c'è il rischio che simili processi finiscano tutti male, che i licenziamenti per esibizione di crocefisso vengano confermati in aula. Mi dispiace dirlo ma nemmeno stavolta Bruxelles si è smentita, nemmeno stavolta ha mostrato di riconoscere un qualche ruolo al cristianesimo senza il quale l'Europa nemmeno esisterebbe. Cristo o Maometto per me pari sono, ha sentenziato. Dunque che fare?

Memore di San Paolo («Non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo» ha scritto nella Lettera ai Gàlati), io appena il caldo mi costringerà a scravattarmi mostrerò con rinnovato orgoglio la croce che solitamente sta sotto la camicia.

Invito gli altri cattolici a fare altrettanto, a dare il segnale di una presenza: a meno che non muoiano dalla voglia di finire nelle catacombe dove le élite giudiziarie, politiche e finanziarie non vedono l'ora di sbatterci.

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