Roma - Nel segreto dell'Aula Dio ti vede, Renzi no. E così il giovedì arriva «l'incidente», lo scivolone che complica il percorso delle riforme istituzionali, soprattutto dal punto di vista politico piuttosto che da quello tecnico e fa traballare l'esecutivo.
Il governo viene battuto su un emendamento della Lega, presentato da Stefano Candiani. L'Aula con 154 voti a favore, 147 contrari e 2 astenuti approva a scrutinio segreto la norma che assegna al Senato competenze «su materie eticamente sensibili». Un granello di sabbia nel motore della riforma a cui contribuiscono una quarantina di franchi tiratori del Pd che sfogano malumori sopiti e convinzioni in dissenso dal gruppo. A questo punto il governo dovrà decidere cosa fare della modifica, se cancellarla alla Camera (allungando i tempi) o lasciarla nel testo. Una prima indicazione arriva dal sottosegretario alle Riforme, Ivan Scalfarotto. «La norma non intacca la riforma, ma crea danno alle battaglie per i diritti civili, costrette al pantano bicameralista». Prima del voto c'era stato un acceso dibattito sull'opportunità del voto segreto sull'emendamento. In particolare, il senatore del Pd Luigi Zanda era entrato in conflitto frontale con il presidente del Senato colpevole di aver concesso il via libera. Il boato quando il tabellone elettronico annuncia il risultato è impressionante. «Abbiamo vinto questa battaglia fondamentale, Renzi ora capisca», esulta Candiani. I grillini rilanciano. «Con questi poteri importanti in più, il Senato dovrà essere eletto direttamente dai cittadini». Come se non bastasse da lì a poco l'esecutivo scivola anche sul decreto carceri in commissione Giustizia, sempre al Senato, dove viene approvato un emendamento dell'azzurro Nitto Palma. Un altro segnale.
Il secondo «match» di giornata si svolge su un altro emendamento che chiede di ridurre a 500 i deputati. Essendo presente un riferimento alle minoranze linguistiche l'opposizione chiede a gran voce, regolamento alla mano, il voto segreto. Il passaggio è delicato perché una modifica di questo tipo implicherebbe il sostanziale affossamento della riforma. Pietro Grasso, però, stavolta tiene duro. Si procede a voto palese e la proposta viene respinta. A quel punto scatta la bagarre. Ogni tentativo di far riprendere la seduta si scontra con la reazione leghista-grillina. In Aula risuona il grido «libertà, libertà». Nella ressa la senatrice Laura Bianconi (Ncd) finisce in ospedale per una sospetta lussazione. E Grasso convoca una infuocata riunione dei capigruppo che fa calare il sipario sulla seduta pomeridiana. L'opposizione insiste nel chiedere di annullare la votazione. I grillini lasciano in anticipo la riunione. I leghisti iniziano a preparare la resistenza a oltranza, con l'indicazione del capogruppo Gian Marco Centinaio che suggerisce ai suoi di «annullare le ferie».
E Grasso, di fronte alla minaccia di una occupazione del Senato, arriva a paventare una extrema ratio: l'utilizzo della polizia qualora i tumulti dovessero rendere ingestibile l'Aula. Una minaccia poi circoscritta dalla puntualizzazione del suo portavoce: «La polizia d'aula sono semplicemente i commessi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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