Aumento medio del 35% per i bar, del 42% per i fruttivendoli

Roma Rifiuti a caro prezzo, nonostante un servizio di raccolta mediocre. Come se non bastasse, nell'Italia che produce meno spazzatura, la bolletta diventa sempre più cara. Il tipico paradosso all'italiana, un po' come per la benzina. Desolanti i dati resi noti dalla Cgia: tra il 2010 e il 2015 una famiglia con quattro componenti residente in 120 metri quadri ha pagato 75 euro in più di tassa sui rifiuti. E quest'anno la famiglia tipo dovrà versare al Comune 368 euro di Tari, non proprio noccioline. La situazione è poco rassicurante: un nucleo familiare di tre componenti in un appartamento di 100 metri quadri nel 2015 dovrà versare 300 euro, l'aumento è del 23,5 per cento.

Peggio è andata a chi cerca di mandare avanti un'azienda. Nonostante la forte riduzione del giro d'affari, ristoranti, pizzerie e pub con una superficie di 200 metri quadri hanno subito un incremento del prelievo del 47,4%, più o meno 1.414 euro. Un negozio di ortofrutta di 70 metri quadri, invece, ha registrato un incremento del 42 per cento (+ 560 euro), mentre un bar di 60 metri quadri ha dovuto versare il 35,2 per cento in più, pari ad un aggravio di 272 euro.

Questi risultati, sottolinea la Cgia, sono stati ottenuti dopo aver preso in esame le tariffe sui rifiuti applicate alle famiglie e alle imprese nei principali Comuni capoluogo di Regione. La Cgia ricorda che «nel corso degli ultimi anni sono state numerose le novità che hanno riguardato il prelievo sui rifiuti. Fino a qualche anno fa pagavamo la Tarsu (Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani), anche se molti Comuni l'avevano rimpiazzata con la Tia (Tariffa di igiene ambientale). Nel 2013 il legislatore ha introdotto la Tares (Tassa sui rifiuti e servizi), mentre dal 2014 quest'ultima ha lasciato il posto alla Tari (Tassa sui rifiuti). La Tari è stata introdotta con la legge di Stabilità 2014, in ossequio al principio comunitario «chi inquina paga»: in buona sostanza si è voluto sancire la corrispondenza tra la quantità di rifiuti prodotti e l'ammontare della tassa. Con l'introduzione della Tari, è stato confermato il principio che il costo del servizio in capo all'azienda che raccoglie i rifiuti dev'essere coperto dagli utenti, attraverso il pagamento della tassa. E il problema, purtroppo, sta proprio qui». Segnala Paolo Zabeo della Cgia: «Queste aziende, di fatto, operano in condizioni di monopolio, con dei costi spesso fuori mercato che famiglie e imprese, nonostante la produzione dei rifiuti sia diminuita e la qualità del servizio offerto non sia migliorata, sono chiamate a coprire con importi spesso ingiustificati. Proprio per evitare che il costo delle inefficienze gestionali vengano scaricate sui cittadini, la legge di Stabilità del 2014 ha ancorato, dal 2016, la determinazione delle tariffe ai fabbisogni standard. Dunque, è auspicabile che dall'anno prossimo la tassa sui rifiuti diminuisca».

Sebbene in questi ultimi anni il costo economico sulle famiglie sia aumentato, dall'inizio della crisi ad oggi la produzione dei rifiuti urbani ha subito una forte contrazione.

Se nel 2007 ogni cittadino italiano ne produceva 557 chili, nel 2013 la quantità è scesa a 491 per abitante. «In sostanza - conclude Zabeo - nonostante abbiamo prodotto meno rifiuti, la raccolta e lo smaltimento degli stessi ci sono costati di più».

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