Lucia Galli
Parma In uno dei suoi molti slogan diceva di voler mettere fuorilegge il dolore cronico. Fuorilegge però, ci è finito lui. Associazione per delinquere, corruzione, riciclaggio, comparaggio farmaceutico: sono questi alcuni dei capi di imputazione a carico di Guido Fanelli, 62 anni, considerato è stato estensore della legge 38/2010 sulle cure palliative - il massimo esperto italiano di terapia del dolore. Inviato era in tv fino a pochi giorni fa - a riferirne anche all'Onu come expert discussant, di quella legge diceva di essere «non il padre, ma la madre che è semper certa». Peccato che, stando alle accuse, facesse affari con case farmaceutiche, sia nel campo delle cure palliative e del fine vita, sia in quello dei dolori cronici, come emicrania o mal di schiena. Secondo la Procura di Parma Fanelli e questa «cupola dell'analgesico» bypassavano i vari comitati etici, truffando il sistema sanitario nazionale, per favorire la sperimentazione di farmaci o dispositivi medici dal filtro per l'emodialisi ad alcune pompe per infusione di terapie - su pazienti sempre ignari di fare da «cavie».
Non solo: in cambio di denaro il «team» rivendeva dati statistici e coperti da privacy alle aziende. Quindi c'era la parte «accademica» del business: il «prof», insieme al suo braccio destro Massimo Allegri, redigeva false recensioni su farmaci, riuscendo nella pubblicazione di articoli su testate scientifiche e sul sito dell'Agenzia del farmaco. Infine, insieme agli altri indagati fra cui il rettore dell'ateneo parmigiano e un dirigente del ministero, Fanelli è accusato anche di aver oliato gli ingranaggi di alcuni concorsi pubblici nel settore universitario e di aver manovrato, a fronte di pesanti sponsorizzazioni, anche alcuni Ecm, i corsi di aggiornamento professionale continuo per medici.
A Parma dirigeva la struttura di Anestesia, rianimazione e terapia antalgica dell'ospedale, ma operava anche a Milano, dove è stato arrestato ieri, di ritorno dalla Sicilia, dall'ultimo consesso fra luminari. Per il Nas di Parma, coordinato dal capitano Gianfranco Di Sario, è lui a essere la mente di un articolato sistema, radicato in 7 Regioni del Centro e Nord Italia, che pilotava un giro di affari di diversi milioni e che ieri, dopo due anni di indagini con l'apporto di almeno 200 uomini dell'Arma, ha portato all'arresto (domiciliari per tutti) di 19 persone e ad aprire le indagini su altri 75, fra medici, commercialisti e imprenditori del farmaco. Oltre a Fanelli, sotto inchiesta sono finiti i vertici di 17 aziende del settore farmaceutico: nomi eccellenti dalla Svizzera, alla Svezia alla Germania, passando per noti «brand» italiani del settore, concentrati fra Brianza, Lecchese, Lodigiano, Milano e Roma.
«Qui comando io, tengo il piede in quattro scarpe. Tutti mi credono perché il nostro hub (il centro di terapia del dolore, ndr) fa 19mila interventi l'anno»: stralci di intercettazioni e onnipotenza con cui gli inquirenti hanno scardinato il sistema, basato, innanzitutto, sul blasone del «prof». A Parma tutti lo chiamavano «il Briatore della terapia del dolore» e il suo giro d'affari era, in effetti, da billionaire. Proprio come lo yacht Pasimafi che ha dato il nome all'inchiesta. Dotato di defibrillatore e kit medico all'avanguardia, era uno dei proventi illeciti riconducibile, tramite due società prestanome, alla famiglia Fanelli. Secondo il procuratore capo di Parma Antonio Rustico e il pm Giuseppe Amara: «Non è possibile per ora stabilire un nesso fra cure ed eventuali danni ai pazienti».
Intanto il ministro Beatrice Lorenzin si è detta sgomenta «perché i capi di imputazione sono gravissimi e riguardano persone celebri nel mondo sanitario, andando invece a colpire anche il delicatissimo settore del fine vita».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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