Elezioni Regionali 2020

Autonoma, sobria e più attenta al sociale. Ecco perché la Ceccardi spaventa la sinistra

Nuova strategia dopo il ko emiliano. E Salvini non ha oscurato la candidata

Autonoma, sobria e più attenta al sociale. Ecco perché la Ceccardi spaventa la sinistra

Hai voglia a paragonare l'Emilia-Romagna alla Toscana. Sì ok, in parte è vero. La Toscana, come l'Emilia, è una regione sistemica, cioè esiste una forte interazione tra politica, società ed economia e il centro di potere è da sempre la sinistra. Questi sistemi tendono a preservarsi nel tempo e gli elettori, prima di cambiare sistema, ci pensano bene. I toscani devono essere certi di avere un'alternativa. In Emilia l'alternativa non ha funzionato E in Toscana? Beh, diciamo solo che Eugenio Giani non è Stefano Bonaccini e Susanna Ceccardi non è Lucia Borgonzoni.

Oltre a questo, siamo di fronte ad un totale cambio di strategia di comunicazione politica della Lega. Matteo Salvini mette in pausa l'immigrazione, preferendo discutere, per esempio, dei temi legati alla scuola, anziché di quelli che riguardano Lampedusa. I temi sociali ed economici prendono il posto dei migranti, che non vengono certo dimenticati, ma col Covid sul groppone, si sono accorti che gli italiani hanno adesso altre priorità.

Come scrive Claudio Brachino su questo giornale «ora il leader della Lega sembra davvero studiare per Palazzo Chigi». Una politica meno sbraitata e più ragionata che preferisce calcare la mano sulle proposte, piuttosto che sull'aggressione di una donna di colore. E l'europarlamentare Ceccardi, fa lo stesso. Sebbene sia una nuova leva, in questi anni si è fatta le ossa, e ha imparato le arti del mestiere. Anche lei, nell'ultimo mese, ha cambiato registro. Il favorito Giani, che credeva in una vittoria scontata, ha pensato gli bastasse riproporre lo schemino dell'Emilia, ma nel corso delle settimane ha dimostrato di non essere Bonaccini e la Ceccardi di non essere la Borgonzoni. La lezione romagnola è servita: Salvini ha lasciato fare alla Ceccardi la sua corsa senza oscurarla, come era accaduto con la Borgonzoni. Ma, soprattutto, senza personalizzare il voto. La Ceccardi si è dimostrata autonoma nelle proprie scelte e nella propria narrazione, scegliendo toni, temi e messaggi diversi. Ancora battagliera come una tigre, ma con un look più sobrio e slogan meno sparati.

Giani, invece, ha voluto scimmiottare la campagna di Bonaccini: ha preso contatti con «Consenso», l'agenzia a cui va il merito del successo emiliano, decidendo poi per un ampio team composto da «Momentum», un'agenzia di Milano, You Trend, Social Change (gli stessi americani che seguono, con scarsi risultati, Sansa in Liguria) e lo sfortunato Marco Agnoletti, ex spin doctor di Renzi, ai quali si è aggiunto ora, vista la mala parata, Marco Furfaro della comunicazione del Pd. Tante teste, troppe.

La Ceccardi è avvantaggiata dai tanti capoluoghi passati recentemente al centrodestra, con alcune eccezioni quali Livorno, Pisa e soprattutto Firenze, dove è in svantaggio. Se riuscirà a recuperare anche in quelle zone, vincerà. Giani ha girato come una trottola, toccando tutti gli angoli della Toscana, guidando da solo, un po' a casaccio, senza una strategia, né di attacco né di difesa. Infine, Giani sfugge ai confronti tv: se n'è svolto solo uno, dove la Ceccardi ne è uscita meglio. Da allora ha evitato qualsiasi altro faccia a faccia, annullando pure, all'ultimo momento, quello alla Versiliana.

A questo quadro, già angosciante per la sinistra, se ne aggiunge un altro: quello del fuoco amico. Incassato il sostegno di Italia Viva di Matteo Renzi, che in Toscana si gioca la faccia (un'altra volta), a preoccupare il Pd è il bottino di consensi degli altri sfidanti a sinistra.

Soprattutto del consigliere regionale uscente, Tommaso Fattori, candidato di Toscana a Sinistra, le cui preferenze potrebbero fare la differenza nel caso di un duello all'ultima scheda tra Ceccardi e Giani.

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