«Chiedigli de l'autonomia!». Zaia aspetta al varco Di Maio nello stand del Veneto, con una bandiera della Serenissima come regalo e i due leoni di gesso che osservano il vicepremier grillino in attesa di un impegno preciso sull'autonomia. Può sembrare un mezzo agguato in realtà è un assist tra alleati di governo, la Lega deve far vedere che puntella l'alleato, mentre Di Maio deve tenersi buono il nordest produttivo riscaldato il giorno prima da Salvini. E infatti Luigino coglie la palla al volo per rassicurarli: «Avete tutto il diritto che venga rispettato l'esito del referendum» promette, senza specificare di aver detto poco prima «saremo garanti dell'unità nazionale» che «non si deve lasciare inascoltata la voce del Sud».
Fuori dalle dichiarazioni tattiche il vero obiettivo del M5s è infatti svuotare il più possibile l'autonomia votata da veneti e lombardi e mantenere l'impianto assistenzialistico in favore delle regioni più inefficienti (bacino elettorale del M5s), così come per la flat tax che per i grillini deve avere più aliquote, cioè appunto non essere flat. «Sarò garante della flat tax che entrerà nel Def ma non deve aiutare i ricchi» dice infatti Di Maio, che dopo il bagno di folla di Salvini deve provare a sfruttare la vetrina del Vinitaly anche lui, in versione coniugale con la fidanzata Virginia che lo segue nel tour.
Il clima è di maggiore diffidenza. Il sindaco di Verona Federico Sboarina, che gli aveva dato una sorta di Daspo per aver definito «sfigati» i partecipanti al congresso della Famiglia, gli stringe la mano per dovere di protocollo ma subito rinfocola la polemica: «Gli ho detto che non c'è niente di personale, ma non posso accettare che si offenda Verona, che è la città più accogliente del mondo. Mi ha risposto che lo sa».
La sera prima alla cena organizzata dalla Allegrini a Villa della Torre la creme dell'imprenditoria veronese ha brindato augurandosi che il governo cambi radicalmente marcia, perché «le politiche degli ultimi mesi hanno messo in difficoltà l'economia, servono investimenti infrastrutturali» dice Michele Bauli presidente di Confindustria Verona, e «basta con la lotta elettorale, le parole di Salvini sulla Tav sono un segnale importante» spiega un altro big come Matteo Zoppas, numero uno degli industriali veneti. Nel mirino c'è soprattutto il M5s, che per l'economia italiana ha portato a casa finora solo il reddito di cittadinanza, tutto il contrario di quel che chiedono gli imprenditori. Di Maio si è preparato la lista di cose da dire per recuperare un po' di fiducia anche tra chi produce, così assicura che «non ci sarà nessuna patrimoniale», promette miracoli sull'export del made in Italy («Possiamo colonizzare il mondo con i nostri prodotti, per questo ribadisco l'importanza di aver firmato il memorandum sulla Via della Seta»), poi c'è la tecnologia blockchain per difendere il made in italy dalle contraffazioni, la Tav che «si deve fare ma ottimizzando i costi». Poi contrattacca Salvini sulle alleanze in Europa, rinfacciandogli di stare con i governi sovranisti come l'Ungheria che hanno interessi opposti all'Italia per esempio sulla redistribuzione degli immigrati. Ma è la solita prova di muscoli per poi rimanere insieme: «Noi e la Lega siamo profondamente diversi ma abbiamo obiettivi comuni, se diciamo le cose alla luce del sole è una prova di sincerità e trasparenza. Quello che ci dovevamo dire ce lo siamo detti adesso mettiamoci a lavorare». Sarà bene anche perché dagli ultimi sondaggi Swg i 5S continuano ad arretrare (22%, meno 0,2% in un mese).
Poi il giro degli assaggi e dei selfie, scortato dal parlamentare M5s Carlo Sibilia, dai grillini veneti accorsi per il capo e dallo staff del Mise, la tappa d'obbligo in Irpinia, quella a Confagricoltura dove incrocia il segretario del Pd Nicola Zingaretti (si salutano con un cinque), assaggia un'ostrica made in Italy, tra la curiosità della folla del Vinitaly che lo fotografa e commenta con varie gradazioni di simpatia: «Grande Di Maio, impara il veneto!», «Lo facevo più basso», «Sembra Carlo Conti», «Dacci il reddito!», «Non mollare fate un favore a
Renzi», «Bel codazzo eh», «Guarda lì non ha mai lavorato in vita sua», «Vai Luigi!».Incrociata per un attimo anche la leader di Fdi Giorgia Meloni, meno ottimista di lui sulla solidità del governo: «Dopo le Europee potrebbe sparire».
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