La firma sprint che molti media avevano annunciato, e che forse era una speranza di Matteo Renzi, non c'è stata. Ieri sera il presidente della Repubblica non aveva ancora ratificato l'Italicum, ma non per dubbi di costituzionalità sulla legge approvata lunedì, né per le tante pressioni dei partiti che non condividono la riforma.
Sergio Mattarella non ha mai preso in considerazione l'idea di un rinvio alle Camere, i tempi della ratifica sono quelli tecnici dettati dall'agenda. Unica motivazione politica, quella di non creare una corsia ad altissima velocità per una riforma che riguarda le regole del gioco, ma che è stata approvata a maggioranza. Se lo avesse fatto avrebbe puntato i riflettori su una legge contestata e ritenuta poco importante dagli italiani.
Il presidente della Repubblica ha preso tempo per firmarla ieri in tarda serata o al massimo stamattina. Tre le ipotesi circolate fino alla fine quella di affiancare una lettera con una richiesta di approfondimento, un gesto di attenzione verso Forza Italia, il Movimento 5 stelle e i tanti che anche ieri hanno criticato la legge nel merito e anche per il metodo scelto da Renzi.
Dettagli che non hanno rovinato la festa al presidente del Consiglio, ieri a Bolzano e Trento in missione di governo e di partito, intenzionato a presentare l'Italicum come riforma importante per tutto il Paese e non solo per il partito di maggioranza. Con il via libera del Parlamento «la politica ha ripreso la propria dignità e torna ad essere bella», ha spiegato. «La cosa importante è che le promesse si mantengono e che la politica torna credibile», ha aggiunto. «La legge elettorale non è importante solo in quanto tale, ma perché permette di sapere chi vince le elezioni e dà a chi vince il compito e la responsabilità di governare, non continuare a chiacchierare ma fare le cose». Toni quasi da antipolitica per una riforma che non ha riscontrato troppe simpatie nei sondaggi. E che potrebbe essere oggetto di un referendum abrogativo, come annunciava ieri il Mattinale , dei gruppi parlamentari di Forza Italia.
Comunque è un fronte che si è chiuso con una vittoria indubbia per il premier e il suo governo. Ma anche una fase nuova che presenta molte incognite. Sul fronte interno Renzi ha teso la mano alla minoranza Pd che si appresta, almeno in parte, a fare una scissione. Ha assicurato che lui vuole «tenere tutti dentro», compreso Civati. Ordine di scuderia ai ministri Pd, smorzare i toni e avviare una campagna acquisti a Palazzo Madama, per la riforma dello stesso Senato. I numeri ci sono, assicuravano esponenti Pd di osservanza renziana, ma una riserva di voti in vista delle altre riforme resta indispensabile se si vuole arrivare a fine legislatura.
Linea morbida anche sulla scuola. Nel giorno dello sciopero unitario dei sindacati il premier non ha impersonato, come fa spesso, il ruolo di chi vuole decidere da solo e ha assicurato un compromesso su alcuni temi come le assunzioni e l'organizzazione del sistema scolastico. «Siamo pronti ad ascoltare e condividere». Aperture che non hanno convinto gli insegnanti, che hanno contestato il premier anche nella trasferta di Alto Adige e Trentino.
Polemiche anche per l'utilizzo dell'aereo di Stato per una visita, essenzialmente mirata al sostegno dei candidati sindaci del centrosinistra nei due capoluoghi. La missione era in agenda come impegno governativo, con visita a stabilimenti di aziende e musei locali, ma Renzi ha anche tenuto comizi.
E nell'aereo pubblico c'erano deputati Pd e Svp, partiti alleati alle elezioni di Bolzano. D'altro canto, Palazzo Chigi l'aveva detto. Il premier: «Usa e continuerà ad usare i mezzi a sua disposizione». Ora si può aggiungere: anche per manifestazioni di partito.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.